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Dossier Contractors: Esportatori di democrazia


...In questo dossier segnaliamo articoli, documenti, siti, che possono dare un quadro di cosa sia realmente la situazione della guerra perpetua attuata dall'amministrazione americana in primis, di quali siano gli interessi e i personaggi, e anche del perchè gli italiani sono parte attiva di un mercato globale che ha come slogan "l'esportazione della democrazia". E pensiamo che sarà più chiaro, dopo aver letto questi documenti, che gli italiani sequestrati in Iraq e liberati con un tempismo prelettorale quasi perfetto non erano e non sonocome li chiamò Gianfranco Fini "dei lavoratori italiani" o "eroi" ma più semplicemente dei "mercenari" al soldo di qualche compagnia che con altre si sta spartendo la torta irachena e non solo...
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Dossier Contractors: Esportatori di democrazia

MegaChip

9 giugno 2004 - Dall’organizzazione di colpi di Stato alla gestione pre e post-bellica in Iraq, mercenari e consulenti privati della sicurezza sono sempre più presenti ed attivi. Mentre l’attenzione generale è attratta dai cosiddetti conflitti asimmetrici (come quello iracheno) e dal fallimento del sistema collettivo di tutela della pace e della sicurezza internazionale delle Nazioni Unite, dietro le quinte si assiste alla lenta ma incessante espansione dell’intervento privato nella gestione della sicurezza e dei conflitti a livello globale (del quale i mercenari tout court garantiscono il continuum, costituendone allo stesso tempo la genesi e le espressioni più estreme ed incontrollate). In questo dossier segnaliamo articoli, documenti, siti, che possono dare un quadro di cosa sia realmente la situazione della guerra perpetua attuata dall'amministrazione americana in primis, di quali siano gli interessi e i personaggi, e anche del perchè gli italiani sono parte attiva di un mercato globale che ha come slogan "l'esportazione della democrazia". E pensiamo che sarà più chiaro, dopo aver letto questi documenti, che gli italiani sequestrati in Iraq e liberati con un tempismo prelettorale quasi perfetto non erano e non sonocome li chiamò Gianfranco Fini "dei lavoratori italiani" o "eroi" ma più semplicemente dei "mercenari" al soldo di qualche compagnia che con altre si sta spartendo la torta irachena e non solo.
Redazione Megachip



Struttura, compagnie, interessi
tratto da Equilibri.net: http://www.warnews.it/index.php/content/view/604/28/ :

Mercenari, Private Military Companies e Contractors

Equilibri.net (8 aprile 2004) - Dall’organizzazione di colpi di Stato alla gestione pre e post-bellica in Iraq, mercenari e consulenti privati della sicurezza sono sempre più presenti ed attivi, in un panorama internazionale che fatica a riconoscerne l’esistenza ed a inquadrarne le attività.


Introduzione

Il 7 marzo 2004, le autorità di sicurezza dell’aeroporto di Harare, in Zimbabwe, hanno sequestrato
un Boeing 727. L’aereo trasportava, oltre a diverso materiale bellico, 65 mercenari di varia provenienza, che avrebbe dovuto raggiungere un altro commando già presente in Guinea Equatoriale, per prendere possesso del palazzo presidenziale di Malabo (la capitale del Paese) e spodestare il presidente guineano Theodore Obiang Nguema, sostituendogli il leader dell’opposizione in esilio. Responsabile dell’operazione Nick Dutoit, un sudafricano di 48 anni, trafficante di armi e di diamanti. Lo stesso giorno, le autorità dello Zimbabwe hanno arrestato Simon Mann, un ex membro delle forze speciali inglesi Sas, è uno dei massimi dirigenti della Executive Outcomes (Eo), la più importante società di mercenari conosciuta al mondo anche se non più attiva da anni, nonché fondatore assieme a Anthony Buckingham di Sandline International, società britannica sorta dalle ceneri di Eo, e famosa per il suo intervento nella guerra civile in Sierra Leone, a fianco delle truppe governative, nel 1997.
Il 31 marzo, nella città irachena di Fallujah, 4 operatori di sicurezza della società statunitense Blackwater Security Consulting (BSC) sono stati trucidati dalla folla mentre a bordo dei loro fuoristrada percorrevano il famigerato "triangolo sunnita".


Questi due episodi ravvicinati hanno portato nuovamente alla ribalta una questione spesso sottovalutata o addirittura sconosciuta: la presenza privata nei conflitti contemporanei.
Da un lato, infatti, sebbene apparentemente appartenenti ad un passato che la maggior parte dell’opinione pubblica considera remoto, i mercenari sono invece una costante in molte delle recenti guerre, in Africa come nel resto del mondo. Dall’altro, essi, non rappresentano che un aspetto, benché importante e peculiare, di un fenomeno molto più complesso delle odierne relazioni internazionali: la privatizzazione della guerra e della sicurezza, che vede nel conflitto iracheno il suo massimo esempio. L’orribile massacro di Fallujah ha così attirato l'attenzione sulla componente privata presente in Iraq, dove i "consulenti di sicurezza" sostituiscono i militari regolari in molti dei loro compiti.

Mentre l’attenzione generale è attratta dai cosiddetti conflitti asimmetrici (come quello iracheno) e dal fallimento del sistema collettivo di tutela della pace e della sicurezza internazionale delle Nazioni Unite, dietro le quinte si assiste alla lenta ma incessante espansione dell’intervento privato nella gestione della sicurezza e dei conflitti a livello globale (del quale i mercenari tout court garantiscono il continuum, costituendone allo stesso tempo la genesi e le espressioni più estreme ed incontrollate!).

Questo intervento è sempre più ramificato e tentacolare e interessa quasi ogni aspetto collegato con le attività collegate alla sicurezza di Stati, multinazionali, Istituzioni Internazionali ed Organizzazioni non Governative. Lo studio dell’attività mercenaria, passata e presente, mette in evidenza non solo l’evoluzione di questo fenomeno, ma ne fa emergere i principali attori. Così, al fianco dei mercenari tradizionali, a livello internazionale operano società private e vere e proprie multinazionali della sicurezza, che sono destinate, nel giro di pochi anni a detenere un vero e proprio monopolio nella fornitura di alcuni servizi militari e di sicurezza, un tempo di esclusiva competenza degli Stati.

Si tratta delle Società Private Militari e di Sicurezza, meglio conosciute come Private Military and Security Companies (comunemente definite PMC) e dei Military and Security Contractors (MSC, più generalmente chiamati Contractors), giganti economici statunitensi che assistono la grande macchina bellica di Washington fornendogli ogni tipo di servizio di supporto: logistica, Intelligence, manutenzione dell’arsenale bellico, etc... Questi soggetti, spesso collegati tra loro, sebbene con origini diverse, sfuggono ai numerosi tentativi di classificazione ed è difficile delimitare i confini delle loro attività, definendone le caratteristiche peculiari che li distinguono. Tuttavia, rappresentano ciò che potrebbe tranquillamente venire definita come una "rivoluzione nella gestione della sicurezza internazionale".

In un mondo che fatica a rispondere alle molteplici sfide e minacce alla pace ed alla stabilità, mercenari, PMC e Contractors si candidano, ognuno a suo modo e con scopi spesso assai differenti, a gestire la sicurezza a livello internazionale.




Torture e democrazia
da Disinformazione.it: http://www.disinformazione.it/torturairaq.htm

«L'ordine era: dovete torturare»
Patricia Lombroso - «Il Manifesto»

Intervista al disertore dell'esercito americano Camilo Mejias. «Il generale Myers mente: le sevizie sono pratica abitudinaria in Iraq per rendere più malleabili i prigionieri per gli interrogatori». In che modo? «Privandoli del sonno, terrorizzandoli con un'accetta e con finte esecuzioni»
Il sergente di fanteria Camilo Mejia, nicaraguense di 28 anni spedito in prima linea, in Iraq con la promessa di un passaporto americano, dopo sei mesi di orrori della guerra in Iraq, il 14 ottobre scorso, scelse di disertare entrando in clandestinità con il nome di «Carlos». Si è rifiutato di tornare in Iraq e «partecipare ad una guerra illegale, ingiusta, immorale», come ha dichiarato a il manifesto, il 22 novembre scorso. Ora si è costituito alla base di Fort Stewart in Georgia, annunciando di rappresentare oltre 7.500 soldati che si rifiutano di tornare al fronte, e dovrà così affrontare il processo come «disertore», «assente dall'obbligo di servire la patria in guerra», il prossimo 19 maggio, davanti alla Corte marziale. Tra gli orrori della sua esperienza in Iraq, nell'intervista in esclusiva a il manifesto a tarda notte e registrata dalla base di Fort Stewart, il sergente Camilo Mejia racconta gli ordini a cui è stato obbligato dai suoi superiori: infliggere la tortura di deprivazione del sonno ai prigionieri iracheni, prima degli interrogatori con le tecniche barbare mostrate nelle foto della prigione di Abu Ghraib.

Lei, ovviamente sta seguendo lo scandalo provocato dalle foto di tortura dei prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib. Lei ha partecipato a questo tipo di sevizie e torture, inflitte ai prigionieri iracheni, durante la missione in Iraq?
Il mio battaglione di fanteria venne costretto dagli ordini dei comandanti superiori a infliggere la tortura preparatoria per gli interrogatori successivi dei detenuti iracheni.

Dove avvenne questo «incarico»?
Noi non eravamo stati assegnati alla prigione principale di Abu Ghraib, ma ad una delle 16 prigioni improvvisate dai militari americani subito dopo l'inizio della guerra.

Quale era il posto?
Il campo di detenzione, improvvisato dai militari si chiamava al Asad.

In quale parte dell'Iraq?
Non ricordo bene. Non so se fosse vicino alla nostra base di Ramadi, dove siamo stati per quattro mesi.

In quale periodo lei ha svolto questo compito di tortura di deprivazione del sonno nei confronti dei prigionieri iracheni?
Il periodo era ai primi di maggio del 2003. Per una settimana.

Il capo di stato maggiore delle forze armate americane Myers dichiara che la tortura e le sevizie sono soltanto «eccezioni» e ne sono stati messi al corrente soltanto ora, marzo 2004.
Non è la verità, perché questo modo di applicare sevizie e torture erano una pratica abitudinaria durante la mia esperienza diretta in Iraq, a maggio dell'anno scorso.

Quali furono gli ordini impartiti dai suoi comandanti?
Il nostro battaglione aveva l'incarico di gestire questo campo di prigionia, per tutti i prigionieri di guerra iracheni che giungevano lì.

Quali erano esattamente i metodi che dovevate applicare secondo gli ordini dei comandanti?
Ci venne impartito un addestramento di un'ora in totale. Ci dissero come dovevano essere suddivisi e preparare con la tecnica della deprivazione del sonno a «renderli più malleabili per gli interrogatori».

Dove si svolgevano queste torture preparatorie agli interrogatori?
In bunker che appartenevano alle forze armate irachene per ripararsi dalle incursioni aeree dei bombardamenti americani. L'area era suddivisa in tre parti. Ciascuna di queste circondata da filo spinato.

Quali erano le istruzioni che vi venivano impartite?
Per una settimana lì queste erano le istruzioni. Questi sono i «good guys», e questi sono i «bad guys, combattenti nemici». Dovete tenerli svegli.

Come facevate, in pratica?
Ci hanno fornito delle enormi accette. La prima fase era la seguente. Urlavamo ai detenuti, incappucciati e ammanettati con legacci di plastica, che entravano nel bunker dopo già 72 ore di deprivazione del sonno e stare svegli per 24 ore. Urlavamo forte a gente completamente disorientata e terrorizzata: «Alzatevi», «inginocchiatevi». Permettevamo loro pochi secondi di tregua e poi, non appena accasciati a terra, urlavamo di stare in piedi. Questo durava 24 ore continuative. Proseguivamo per 48 ore di seguito. Se il metodo non otteneva il risultato desiderato dovevamo passare alla seconda fase. Usavamo l'accetta consegnataci dai comandanti e dovevamo colpire, ripetutamente contro il muro del bunker. Creava un boato impressionante e terrorizzava i prigionieri. Se anche questo metodo non aveva il risultato di tenerli svegli passavamo alla fase di «fittizia esecuzione».

In che cosa consisteva?
Prendevamo una pistola di 9 millimetri, ci avvicinavamo ai prigionieri iracheni e caricavamo le pallottole in canna puntandole con la minaccia di una «esecuzione» con un colpo alla testa. Era un metodo che li terrorizzava e faceva sì che non si accasciassero per terra tramortiti per il sonno.

Come veniva fatta la distinzione dei prigionieri iracheni, tra chi era un innocente civile iracheno finito nelle mani dei militari americani e chi era un «nemico combattente»?
La selezione e suddivisione dei prigionieri, giunti nel bunker veniva effettuata da tre agenti, non in uniforme, ma in abiti borghesi. Due erano americani con un traduttore arabo. Avevano dei nomi fittizi come «Artie», un altro si faceva chiamare «Scooter», il terzo nome non lo ricordo. In gergo militare li chiamiamo «military spooks».

Chi sono i «military spooks»?
Sono degli agenti militari che generalmente non si sa se fanno parte della Cia, dei Delta Force, dei berretti verdi, dei «private contractors», assoldati dal Pentagono per vari incarichi. Loro erano esperti di tecniche degli interrogatori ed esperti di munizioni.

La vostra unità non partecipò alle tecniche di tortura fisica applicate dagli agenti che effettuavano l'interrogatorio?
No. Il nostro compito ordinato dai comandanti era quello di effettuare la prima fase di tortura psicologica, applicando il metodo della deprivazione sensoriale con la deprivazione del sonno dei prigionieri per 48 orse consecutive da aggiungere alle 72 ore di deprivazione del sonno già effettuate da altri. L'intero battaglione della nostra unità effettuava turni di sei ore ciascun gruppo per 24 ore.

Terminata questa forma di tortura ai prigionieri cosa avveniva?
I tre agenti «military spooks» che non sapevamo realmente chi fossero, entravano nel bunker e indicavano quelli designati come «combattenti nemici». Venivano trasferiti in un altro settore a loro riservato. Noi dovevamo caricare i prigionieri lasciati liberi. Toglievamo loro il cappuccio nero dal capo, li slegavamo, li caricavamo su un camion portandoli al villaggio vicino al campo di prigionia, improvvisato.

Nell'impartire gli ordini vi è stato mai detto che partecipavate ad atti considerati crimini di guerra in violazione della convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra?
No. L'addestramento era sommario e mai ci venivano spiegate le responsabilità cui saremmo incorsi partecipando a violare i trattati di condotta del codice militare di guerra e delle norme internazionali.




I misteri della Presidium, la società di Salvatore Stefio:
http://www.megachip.info/modules.php?name=News&file=article&
sid=2269


I MISTERI DELLA PRESIDIUM: VIGILANTES O MERCENARI ? di Toni De Marchi
Martedì, 13 aprile @ 22:54:43 CEST

Building Gasib Third floor - No. 710, Basra. Basra, in italiano, è Bassora, la capitale della regione dove opera il nostro contingente militare. E, qui, al terzo piano del palazzo Gasib ha sede la filiale irachena della Presidium International Corporation che ostenta quell'indirizzo sul suo sito Internet. Alla Presidium sono riconducibili almeno due degli italiani rapiti in Iraq, Salvatore Stefio e Umberto Cupertino. Per gli altri non si sa bene, c'è una grande confusione in merito, forse creata ad arte per coprire, occultare, non fare capire.

Quattrocchi, per esempio, pare fosse in Iraq per conto di una società ligure, la Ibsa, che a sua volta aveva avuto un subcontratto da una società americana, la Dts.

Lo stesso ministro degli Esteri, Frattini, contribuisce all'operazione di copertura. «C'è la possibilità che queste persone siano dipendenti di una società straniera, forse americana, che si occupa di sicurezza. Questo dato però non è sicuro, perché la società Dts non ha dato alcuna indicazione sui nomi dei suoi dipendenti che mancherebbero all'appello». L'agenzia che riferisce queste dichiarazioni, fatte al Tg2 dal responsabile degli Esteri, è delle 18.36 di ieri.

Dunque, molte ore dopo l'annuncio del rapimento, quando ormai si sapeva quasi tutto dei quattro. Compreso il fatto che almeno due lavorassero per la Presidium, una società dello Stefio, anche se risulta registrata nelle Seychelles. Un'informazione non certo segreta: stava scritta in un bel carattere corsivo nella corrispondenza dall'Iraq di domenica scorsa a firma Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera. Cremonesi racconta di aver incontrato lo Stefio nella hall di un albergo di Baghdad: «In Iraq operiamo in una decina da guardie del corpo», gli aveva confidato lo Stevio. Eppure, alle 18 di martedì, il ministro Frattini continuava a dire di non sapere chi fossero.

Nessuno sapeva
A Bassora, a fianco del governatore inglese, c'è un vicegovernatore italiano, l'ambasciatore Mario Maiolini, ufficialmente un "pensionato" della Farnesina, ma in realtà designato dall'Italia a ricoprire quell'incarico.
A Bassora c'è anche il comando della divisione multinazionale a guida britannica, di cui è vicecomandante un generale italiano. Nessuno di questi sapeva che a due passi dai loro uffici operava una società, di proprietà di italiani, che forniva servizi armati?
Non è credibile, tanto più che la Presidium è così ben radicata in Iraq da essere inserita negli C’è una sede, Sammichele di Bari, ed un numero di cellulare italiano (prefisso 340) dove risponde solo una segreteria telefonica. Sammichele di Bari, in Puglia è, guarda caso, anche la residenza di Umberto Cupertino, uno dei quattro rapiti.

Dunque gli italiani di qualche milizia privata in Iraq ci stanno davvero, hanno uffici vicino ai comandi dove stanno gli italiani, quelli "ufficiali", si fanno pubblicità mettendo indirizzi e numeri di cellulari italiani, ma il ministro degli Esteri dice di non sapere nulla.

Stessa risposta dal ministero della Difesa. Silvana Pisa, deputata Ds della commissione Difesa della Camera, ha presentato tre interrogazioni sulle milizie private in Iraq. Ogni volta il ministero, per bocca del sottosegretario Salvatore Cicu, ha detto di non avere informazioni in merito. «Non sappiamo, non siamo informati: la risposta è sempre stata la stessa», commenta la Pisa. Che questo pomeriggio porrà nuovamente la questione quando le commissioni Esteri e Difesa affronteranno il problema iracheno.

Ma perché tanto imbarazzo, tanta reticenza forse degna di miglior causa? Che in Iraq ci siano ventimila soldati "civili" lo sanno anche i muri. Basta fare un giro per i siti della varie Private Military Companies (società militari private, letteralmente) per ritrovare dettagli, numeri, stipendi. C'è anche quello della Presidium, naturalmente. Che dice di avere la sede centrale alle Seychelles, ed una filiale ad Olbia, in viale dell'Isola Bianca.

Ma all'indirizzo non c'è nessuno: un ristorante, una base della Guardia Costiera, nient'altro. Anche il numero di telefono risulta inesistente.

Per la legge sono mercenari
Troppo mistero per della gente che dice di essere soltanto dei super-vigilantes impegnati in una zona un pò più pericolosa del normale. Un grande Bronx, o poco più. In realtà secondo la legge italiana, la definizione che si dovrebbe applicare loro è quella di "mercenari".

«Chiunque avendo ricevuto un corrispettivo economico... combatte in un conflitto armato.. senza far parte delle forze armate di una delle parte..è punito...»: recita così l'articolo 3 di una legge del 1995 che reprime le attività dei mercenari. La definizione è quella del trattato contro i mercenari, mai entrato in vigore perché solo dodici Stati, tra cui l'Italia, l'hanno ratificato.

Che il conflitto ci sia lo dice la risoluzione dell'Onu che attribuisce a Stati Uniti e Gran Bretagna lo status di "potenze occupanti". «In base alla legge, sembra proprio che per i civili italiani armati che stanno in Iraq si possa parlare di mercenari» commenta Domenico Gallo, un magistrato che si è spesso occupato di legalità internazionale e di diritto dei conflitti. "Certo, dovrebbe pronunciarsi un giudice, ma mi pare che si tratti proprio di questo: mercenari" aggiunge Gallo. E forse così si spiegano le troppe reticenze e i silenzi.




La Blackwater Security Consulting
Come esportare la libertà a colpi di fucile automatico:
http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=
article&sid=1560



Fare il mercenario in Iraq
Postato il Wednesday, 14 April @ 02:22:11 CEST di comedonchisciotte


Questa è la foto di uno degli italiani sequestrati in Iraq. Un italiano la cui presenza in Iraq non era nota neppure al nostro governo (almeno così ci hanno detto). Non certo un portatore di pace. Come si vedrà in questo articolo ben altri sono i compiti che queste persone svolgono in Iraq. La responsabilità della sua presenza ricade anche su di noi. Lui, comunque, è uno dei ben 20.000 paramilitari che in gruppi spadroneggiano in Iraq a fianco delle truppe di occupazione, non risparmiandosi nello sparare ai civili iracheni. Personaggi importanti per gli Stati Uniti, se si pensa che nella vendetta promessa dagli americani per i 4 paramilitari uccisi a Falluja, si contano almeno 600 vittime civili irachene (1:150, un bell'incremento rispetto all'1:10 di Hitler).
Iniziamo l'analisi e la documentazione fotografica con il breve resoconto fornito da AlJazeera.

Il canale satellitare di Aljazeera ha diffuso una video registrazione che mostrava 4 italiani, con i propri passaporti, circondati da uomini armati che si sono definiti appartenenti alle Brigate al-Mujahidin.
Il gruppo ha dichiarato di tenere gli italiani finché non vengono accolte le loro richieste, quali il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, il rilascio di imam e una apologia da parte di Roma.

Dopo la diffusione del tape, il ministro degli esteri italiano ha detto che i 4 lavoravano per una compagnia di sicurezza ed erano scomparsi lunedì. Il ministro ha detto di essere stato contattato dai datori degli uomini, una compagnia di sicurezza americana privata chiamata DTS.

Intanto il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, ha detto martedì che il ritiro della forza militare di 3000 uomini dell'Italia è "assolutamente fuori discussione", aggiungendo che il suo governo farà il possibile per ottenere il rilascio degli italiani.
Sempre nella giornata di martedì, si è appreso che è stato sequestrato un giornalista francese, Alexandre Jordanov, della TV CAPA, con il suo cameraman Ivan Ceriex, che venne più tardi rilasciato.
Al momento si pensa che circa 40 stranieri degli Stati Uniti e di altri paesi europei e asiatici siano stati catturati dagli uomini della resistenza.
Altri sviluppi:
- Il primo ministro portoghese, Jose Manuel Durao Barroso, ha avvertito i civili portoghesi di lasciare l'Iraq a causa del crescente numero di stranieri sequestrati.
- La Francia ha sollecitato con energia i propri cittadini a lasciare l'Iraq
- Funzionari del Kremlino hanno sollecitato i centinaia di lavoratori presenti in Iraq a lasciare il paese, mentre si è appreso che una ditta appaltatrice – la più grossa tra quelle russe presenti in Iraq – ha deciso di uscire dal paese.

Ma cosa fanno queste ditte appaltatrici della sicurezza?

Dal sito di una di esse, la Blackwater Security Consulting:


"Noi siamo rattristati oggi per la perdita dei nostri colleghi e preghiamo per le loro famiglie. I nomi delle vittime non saranno divulgati in rispetto delle loro famiglie. Le immagini dell'attacco non provocato e del successivo maltrattamento dei nostri amici dimostrano le straordinarie condizioni sotto cui lavoriamo per portare libertà e democrazia al popolo iracheno"
Quindi non agenti o uomini o cerca-soldi, come si vogliono chiamare, che si mettono a disposizione di qualche eminente personaggio o di qualche obbiettivo per la sicurezza, ma vere truppe paramilitari che lavorano per portare "libertà e democrazia in Iraq". Come si può vedere dalla foto presente sul sito:

"Le forze della coalizione, e gli amministratori e appaltatori civili lavorano fianco a fianco ogni giorno al popolo iracheno per fornire beni e servizi come acqua, cibo, elettricità e sicurezza per la vita ai cittadini iracheni e ai membri della coalizione. I nostri compiti sono pericolosi e mentre sentiamo tristezza per i nostri colleghi scomparsi, ci sentiamo orgogliosi e soddisfatti di fare la differenza per il popolo iracheno".
Entriamo nel dettaglio:

"La Blackwater Security Consulting è un ramo strategico della Blackwater USA. La Blackwater USA storicamente fornisce una vasta gamma di azioni a sostegno dei militari [potremmo fermarci qui, e non andare oltre: alla grazia dei poveri lavoratori di ditte di appalto], ad agenzie governative, a enti civili e di rafforzamento della legge in operazioni di addestramento, localizzazione di obiettivi e di sostegno operativo, come fornitore di soluzioni.

Blackwater Security Consulting ha le sue radici nelle Operazioni Speciali… La nostra missione è fornire al cliente militari e professionisti dell'intelligence veterani con dimostrata esperienza sul campo abbinata ad una matura esperienza in problemi interni e esteri. Noi impieghiamo solo gli operatori più altamente motivati e professionali, con precedenti esperienze in Operazione delle Forze Speciali in USA e all'estero, in organizzazioni dell'intelligence e di polizia.

Abbiamo stabilito una presenza globale e forniamo addestramento e soluzioni tattiche per il 21° secolo. I nostri clienti comprendono: organizzazioni di polizia, Dipartimento della Difesa, Dipartimento di Stato, Dipartimento dei Trasporti, enti locali e di stato, corporazioni multinazionali, e nazioni amiche."

"Vieni al campo dove i professionisti si addestrano [non è al Qaeda che parla, ma sempre la Blackwater). Su più di 6000 acri di terreno privato, si trova il più importante campo di addestramento tattico negli USA".

Ed infine una buona notizia:

"La Blackwater USA ha recentemente aperto due nuove sedi. La sede di Baghdad e Kuwait City sono ora aperte."
Ecco un'altra agenzia con il proprio sito internet (href="http://www.triplecanopy.com), che vanta di proteggere presidenti di stati stranieri, ambasciate in ogni luogo, ecc. Quale chicca di personale assume?

"Il membro medio del nostro Personnel Security Detachment (PSD) ha superato le prove in almeno sei scuole di tiro al bersaglio di avanzato livello e sono stati utilizzati come istruttori in almeno 6 occasioni".
Esempi di impiego?

"I mostri operatori hanno addestrato membri per l'FBI, i primi team del contrassalto per i servizi segreti e il Dipartimento di Stato, e più di 4000 marescialli aerei per la TSA".
Ma in cosa effettivamente sono esperti gli operatori?


"I nostri operatori hanno una provata esperienza in: impiego di fucili d'assalto, pistole, doppiette, colpire bersagli al buio, aprire varchi con esplosivi, franchi tiratori scelti, armi contro la folla, armi straniere".
Proprio una crema di esseri, che fa tutto questo solo per avere una cosa: denaro. 20.000 è il loro numero stimato in Iraq. 20.000 facce straniere a comandare in abiti civili, ma non solo a comandare, anche a sparare, come documentano chiaramente una serie di foto scattate a Najaf (...)



Sintetizziamo l'evento con l'aiuto, niente di meno che, del Washingtonpost.com.


"Un attacco da parte di centinaia di membri della milizia irachena sui quartieri generali iracheni a Najaf è stata respinta non dai soldati americani ma da otto commando di una ditta privata per la sicurezza.
Prima che giungessero i rinforzi americani, l'impresa, la Blackwater Security Consulting, aveva inviato sul posto i propri elicotteri nel mezzo ad un intense sparatoria per rifornire di munizioni i propri commando e per prelevare un marine ferito.
Il ruolo delle unità della Blackwater nei combattimenti di Najaf illuminano una zona buia tra il loro ruolo come guardie del corpo e come operativi nelle zone di guerra attiva. Migliaia di assunti per contratto in questo esercito privato della sicurezza stanno operando in Iraq in una vasta varietà di missioni e scambiano colpi di arma da fuoco con gli iracheni ogni giorno.
.Durante la difesa del quartier generale a Najaf, vennero sparati migliaia di colpi e centinaia di granate. Fonti che non vogliono essere nominate hanno riferito di un imprecisato numero di morti tra gli iracheni."
Ridiamo la parola a coloro che voglio rendere il mondo più sicuro:


"I nostri operatori hanno salvaguardato persone e equipaggiamenti in zone di guerra da più di 10 anni. I nostri servizi vanno da una discreta ad una pesantemente armata scorta di convogli ad alto rischio."
"Molte organizzazioni governative americane hanno richiesto il nostro lavoro. Abbiamo un grande complesso dedicato alla sicurezza all'interno della Zona Verde a Baghdad e numerose altre sedi sicure in tutto il paese in appoggio alle nostre operazioni".




Concludiamo con materiale inviato alla redazione dai nostri lettori:

"Civili" o mercenari?: un rapporto esclusivo dopo i fatti di Baghdad

di Michel Collon

(traduzione ed elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

"Queste morti non rimarranno impunite":
i principali mezzi di informazione riportano questa dichiarazione del governatore USA di Baghdad, Paul Bremer. Ad esempio : Le Soir, Bruxelles, 1 aprile 2004.
"Abitanti scalmanati di Falloujah hanno mutilato a colpi di piccone i corpi carbonizzati di CIVILI che stavano lavorando per la coalizione.": questo viene riportato da Le Soir, come praticamente da tutti gli altri grandi media.
Dei "civili"? Andate a gettare un'occhiata al sito della loro società, e scoprirete che si tratta in realtà di mercenari: http://www.blackwaterusa.com/
Si possono guadagnare fino a 1000 $ al giorno per questo sporco lavoro. Ma il rischio è proporzionale alla paga.

La guerra contro l'Iraq sta privatizzandosi progressivamente, dato che la Resistenza sta procurando una montagna di problemi a Bush & Blair. E questo permette loro di nascondere il numero reale di militari uccisi.
Leggete la testimonianza di un ingegnere civile che ho incontrato in Iraq, proprio prima della guerra. Una persona molto affabile, e molto seria : attraverso la sua testimonianza potrete comprendere le cause del risentimento degli Iracheni.

La sua testimonianza verrà presentata durante il dibattimento presso il Tribunale di Bruxelles sui crimini di guerra (15-17 aprile). Il testo completo viene riportato a : .

A seguire, un altro documento di Robert Fisk, un giornalista britannico molto accreditato : quello che non leggerete mai nelle consuete pubblicazioni di stampa. http://www.democracynow.org/article.pl?sid=04/04/01/1621223

"Le azioni che gli Stati Uniti potrebbero mettere in atto avrebbero l'effetto di scatenare ancora di più la popolazione contro di essi": così si è espresso Ghazwan Al-Mukhtar, un ingegnere Iracheno in pensione, dopo gli episodi di Baghdad.
Il giorno dopo che quattro contrattisti americani di un'impresa militare USA erano stati ammazzati e quindi mutilati per le strade di Falloujah, ci siamo recati a Baghdad per discutere con questo ingegnere, Ghazwan Al-Mukhtar, a proposito dei mercenari in Iraq, e sulle ragioni per le quali Falloujah si era trasformata in un focolaio della Resistenza Irachena.




Ghazwan Al-Mukhtar, un ingegnere in pensione Iracheno parla da Baghdad.

"Nessun Iracheno è stato sconvolto da quello che è capitato agli Americani"
di Michael Georgy
[segue il sunto della trascrizione] a:
http://news.ft.com/servlet/ContentServer?pagename=FT.com/Wir
eFeed


Mercoledì, questi quattro contrattisti Americani sono stati ammazzati e quindi mutilati nella città Irachena di Falloujah nel corso di uno degli attacchi meglio mirati contro gli interessi degli USA, dopo l'invasione dell'Iraq. E nelle vicinanze, perdevano ugualmente la loro vita altri cinque soldati Statunitensi in un attacco separato.
Durante l'attacco contro questi « civili » americani, le agenzie di stampa hanno ripreso fotogrammi ed immagini dei loro corpi carbonizzati, che venivano smembrati in mezzo alla strada. Due corpi venivano trascinati ed appesi sotto un ponte sovrastante l'Eufrate. Gli altri venivano trascinati per le strade dietro ad automobili, prima di essere fatti a pezzi.
Il New York Times riferisce di aver visto un ragazzino di una decina d'anni calpestare una testa carbonizzata, gridando : « Dov'è Bush? Lasciatelo venire qui, che egli veda ! ». L'incidente avveniva nello stesso giorno in cui il numero totale di soldati americani uccisi raggiungeva quota 600.

I quattro Statunitensi ammazzati mercoledì lavoravano per la società Blackwater che generalmente fornisce le prestazioni di ex militari, spesso della Marina da Guerra, in modo da costituire essenzialmente un esercito privato che nelle grandi linee possa sfuggire al controllo pubblico.

Non si conosce quanti di questi « impiegati » privati americani siano stati uccisi, ma il numero è senz'altro proporzionale al fatto che l'esercito si appoggia sempre più a società private di sicurezza all'intensificarsi della resistenza all'occupazione. Si deve sottolineare che gli Stati Uniti non hanno fatto alcun tentativo per salvare i quattro contrattisti privati, tanto meno per recuperare i loro cadaveri dopo molte ore dall'attacco.
Mercoledì, il sito web delle Autorità Provvisorie della Coalizione non ha fatto proprio menzione di questi attentati. Uno dei titoli principali del sito dichiarava: "La polizia Irachena all'altezza del suo compito di garante della sicurezza pubblica".
L'analista politico del Medio Oriente, Juan Cole, afferma che il grado di odio contro gli Americani in seno alla popolazione Irachena non è una buona notizia per le forze di occupazione. Egli scrive: " Questo serve a spiegare perché pochissimi guerriglieri arabi sunniti siano stati catturati, visto che la popolazione li nasconde e li aiuta. Sembra ugualmente poco probabile che un'intensificazione delle azioni militari Americane possa dare qualche risultato pratico nella repressione di questa insurrezione ; la maggior parte delle azioni che gli Americani potrebbero intraprendere contribuirebbero solo ad infiammare ancora di più la gente contro di loro. Mi sembra molto verosimile che la violenza della guerriglia potrà continuare ancora per anni."




Una Coalizione di mercenari.

Gli occupanti sborsano milioni per un esercito privato incaricato della sicurezza.
di Robert Fisk & Severin Carrell
da « The Independent » (Gran-Bretagna)
29 marzo 2004
(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Un esercito di molte migliaia di mercenari ha fatto la sua comparsa nelle maggiori città Irachene. La maggior parte di questi uomini sono ex militari Britannici e Americani reclutati dalle autorità di occupazione Anglo-Americane e da dozzine di società, che ora sono in apprensione per la vita del loro personale.
Molti dei mercenari Britannici sono ex membri SAS (N.d.Tr.: Special Air Service, corpo militare speciale britannico, specializzato in azioni clandestine ad alto rischio, operazioni antiterrorismo e simili.), e anche Sudafricani dotati di armamento pesante stanno lavorando per l'occupazione." I nostri uomini conoscono l'uso delle armi e sono tutti uomini SAS.", ha dichiarato il responsabile Britannico di uno squadrone per la sicurezza che opera nella parte meridionale di Baghdad. "Ma vi sono anche personaggi che vanno in giro con le armi e che non sono altro che dei cow-boys. Noi cerchiamo sempre di nascondere le nostre armi, ma questi tipi immaginano di trovarsi in un film di Hollywood."

Sussistono serie perplessità, anche nell'ambito delle potenze occupanti, nei riguardi delle scelte Statunitensi di inviare mercenari Cileni, molti di questi preparati sotto l'infame dittatura del Generale Pinochet, per controllare l'aeroporto di Baghdad.
Molti dei Sudafricani sono in Iraq illegalmente, e stanno violando le recenti leggi adottate dal governo di Pretoria al fine di controllare il movimento sempre più in espansione dell'esportazione di mercenari Sudafricani. Molti di loro sono stati arrestati al loro rientro in patria, in quanto sprovvisti della licenza ora richiesta ai soldati privati. Le perdite subite dai mercenari non vengono conteggiate nel computo ufficiale dei morti effettuato dalle autorità di occupazione, e questo può spiegare il persistente sospetto da parte degli Iracheni che gli Stati Uniti stiano sottostimando le loro perdite militari in morti e feriti.
Alcuni esperti Britannici asseriscono che a tutt'oggi le unità di polizia privata costituiscano la fonte delle più importanti esportazioni britanniche in Iraq, e questo aumento è stato provocato dal moltiplicarsi degli attentati dinamitardi contro le forze della coalizione, contro le organizzazioni di aiuti umanitari e contro gli edifici delle Nazioni Unite, dopo la dichiarazione ufficiale della fine del conflitto nel maggio dello scorso anno 2003.

Numerose società per la sicurezza operano a partire da ville situate nei quartieri della classe media di Baghdad, ville che nelle porte non presentano alcuna targa di presentazione.
Alcuni mercenari affermano che possono guadagnare più di 80.000 sterline all'anno, ma un lavoro da mercenario a breve termine e ad alto rischio può rendere molto di più. Il personale della sicurezza, lavorando sotto contratto di sette giorni nelle città come Falloujah, può incassare anche 1000 dollari al giorno.
Benché non portino alcuna uniforme, molti di questi mercenari per la sicurezza portano distintivi identificativi personali sui loro giubbotti di protezione, oltre a fucili e pistole. Altri rifiutano di declinare la loro identità, anche negli alberghi, bevono birra in gruppo con le armi al fianco: in molti hotels, clienti e personale si sono lamentati che questi agenti di "sicurezza" vi hanno organizzato degli sbevacciamenti e un direttore stesso è stato costretto di far sapere ai mercenari che alloggiano nel suo albergo di portare le loro armi in una sacca quando lasciano lo stabile. La sua richiesta è rimasta lettera morta. Un direttore di una società Britannica, David Claridge, dell'agenzia di sicurezza Janusian, ha valutato che le compagnie Britanniche hanno intascato intorno agli 800 milioni di sterline attraverso i loro contratti in Iraq, e questo appena un anno dopo l'inizio dell'invasione.
Una compagnia gestita dagli Inglesi, Erinys, impiega 14.000 Iracheni come sorveglianti e guardie di sicurezza per proteggere i giacimenti di petrolio e gli oleodotti.

Il ricorso a delle società private per la sicurezza ha sollevato qualche preoccupazione presso gli operatori del Dipartimento degli Aiuti Internazionali per lo Sviluppo (DAIS), che temono che la cosa indebolisca la fiducia dei civili Iracheni nei loro confronti. «Lo staff del DAIS avrebbe preferito non averne bisogno. » ha dichiarato una loro fonte. «Risulta più facile fare il lavoro (di portare aiuti) privi di una sicurezza visibile, ma ora i rischi che derivano dalla situazione in Iraq sono divenuti per loro decisamente grandi.»

Una compagnia gestita da Sudafricani, la Meteoric Tactical Solutions, ha un contratto di 270.000 sterline con il DAIS che, come è stato convenuto, consiste nel fornire guardie del corpo e conducenti di auto per la maggior parte dei suoi funzionari di alto livello in Iraq, ma anche al loro personale subalterno.
Un'altra società Britannica, la ArmorGroup, ha un contratto di 876.000 sterline per la fornitura di 20 agenti per la sicurezza al Ministero degli Esteri. In luglio l'ammontare di questa cifra vedrà un aumento del 50%. La compagnia impiega anche 500 Gurkhas per proteggere i quadri e i personaggi importanti che gravitano attorno alle imprese Statunitensi Bechtel e Kellogg Brown & Root.

Alcuni parlamentari dell'opposizione sono stati sfavorevolmente colpiti dall'ampiezza dell'impiego da parte del Governo di compagnie private a protezione dei funzionari civili Britannici e perciò hanno dichiarato che risultava ancora più evidente che l'esercito Britannico era troppo piccolo per assolvere i compiti ad esso assegnati.
Menzies Campbell, il portavoce dei Liberal-Democratici per gli Affari Esteri così si è espresso : «Tutto questo suggerisce che le forze Britanniche sono incapaci di fornire una adeguata protezione e nello stesso tempo solleva la questione molto dibattuta della sovraestensione, più precisamente alla luce delle osservazioni fatte dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, che la settimana scorsa ha asserito che la Gran Bretagna non avrebbe potuto organizzare altre operazioni delle dimensioni di quella Irachena per almeno i prossimi cinque anni.»

Andrew Robathan, un parlamentare Conservatore presente nella Commissione per la selezione dello Sviluppo Internazionale e lui stesso ex ufficiale SAS, ha dichiarato:
«L'Esercito non dispone di truppe per assumersi i compiti di vigilanza statica su questa scala. A colpo sicuro, sarebbe stato più opportuno avere un altro battaglione di militari per provvedere ai dispositivi di sicurezza.»

La più grande società privata di sicurezza britannica in Iraq, la Global Risk Strategies, fornisce assistenza alle autorità provvisorie della coalizione e all'Amministrazione Irachena per redigere i nuovi dispositivi di legge. Si prevede che questa compagnia aumenti i suoi effettivi sul posto, passando dai 1000 ai 1200 uomini nel corso della primavera, fino ad arrivare a 1800 uomini per la fine dell'anno.
Comunque, le istituzioni per gli aiuti umanitari sono fortemente disturbate dalle somme spese per i servizi di sicurezza, dato che il DAIS ha dovuto stornare 278 milioni di sterline dal suo bilancio generale di aiuti per la ricostruzione dell'Iraq. Dominic Nutt, di Christian Aid (Aiuto Cristiano) ha affermato: «Questo ci resta di traverso sullo stomaco. É cosa giusta che il DAIS protegga i suoi effettivi, ma è come rubare a Pietro per pagare Paolo.»





I mercenari sbarcano in massa per riempire i buchi.
di Paul McGeough (The Age, Australia)

Le compagnie private di sicurezza attualmente costituiscono la terza forza armata più consistente in Iraq. Tutte le volte che si aprono le porte al Quinto Piano dell'Hotel Palestine, ci si imbatte in un Gurkha in tenuta impeccabile che punta la sua arma di grosso calibro verso l'ascensore. L'intero piano e quello sottostante sono ormai occupati dalla Kellogg Brown & Root, la sezione costruzioni della Halliburton, una delle più importanti imprese Statunitensi che operano in Iraq. E sebbene i linguisti dell'occupazione non consentono l'uso del termine « mercenario », il Gurkha citato prima fa parte di una operazione privata di sicurezza forte di 15.000 uomini, che costituiscono la terza forza armata in ordine di importanza in Iraq.

Infine si deve ricordare come i mass media e formazioni politiche si rendono complici nel proteggere il governo americano dalle accuse di aver violato ancora una volta un altro trattato internazionale

http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=
article&sid=1560





La guerra privata
Il preventivo della guerra nascosta:
http://comunistibergamaschi.interfree.it/iraq2004/guerrapriv
ata.htm



Il preventivo della guerra

di Alessandro Robecchi, il manifesto

11 aprile 2004 - Quindicimila dollari al mese? Ventimila? Le notizie di stampa sono sommarie e confuse, non si capisce bene. Dopo un anno di guerra (mission accomplished!) si viene a sapere che in Iraq c'è pure qualche esercito privato, pietosamente chiamato «security», manco fossimo in discoteca. Un pò esercito americano in outsorcing (meno stato, più mercato!), un pò supporto all'intelligence e un pò aiuto tecnico-militare. Insomma, c'è un sacco di gente (15.000 persone circa, secondo esercito per numero presente in Iraq) che con la guerra ha trovato un buon lavoro: fare il mercenario.

Gabbie salariali rigidissime, non fatevi illusioni, la globalizzazione funziona, e pure meglio, anche in guerra. Se sei iracheno prendi 150 dollari al mese, mica male. I gourka nepalesi e i guerrieri delle isole Fiji possono arrivare a duecento. Questa nota salgariana mi ha sorpreso, ma alla fine perché no ... uno delle Fiji può essere scemo tanto quanto uno scemo del South Carolina. Naturalmente gli ex Sas inglesi prendono di più, un americano allenato può valere - appunto - 15, 20 mila dollari al mese. Un italiano non lo so, ma per cultura, ricchezza e creatività credo di poter pretendere anch'io una bella sommetta.

Ho deciso: mi iscrivo ai mercenari. Nel sito della Blackwater - la prima ditta a cui voglio mandare il curriculum - c'è scritto che lavorano «In supporto alla libertà e alla democrazia ovunque». Mi piace, anche se «ovunque» mi inquieta un po', e infatti la home page si apre con sentite parole di cordoglio per i colleghi caduti a Falluja il primo aprile (c'è anche la sottoscrizione). Comunque, è un'azienda sana, in espansione: con malcelato orgoglio annuncia di aver appena aperto due nuove sedi internazionali (Baghdad e Kuwait City). Molto chiare le modalità di assunzione, dove si spiega tutto alla prima riga: «La Blackwater Security Consulting, non ti assume, ti contrattualizza come lavoratore indipendente». Una specie di co.co.co della guerra. No, grazie, cerco ancora.

Provo con la Vinnel, che fa parte (da appena un anno) del Northrop Grumman Company. Hanno buone offerte per l'Arabia Saudita, dove forniscono aiuto alla Guardia Nazionale locale. Si elencano anche i pro e i contro di passare qualche annetto nel deserto: tra i «pro», al primo punto, è che è tutto esentasse e così ti puoi fare i soldi per il college. Tra i «contro» si ammette che non si può bere alcol né fare altre «western cultural amenities». Peccato. Anche qui piangono il loro colleghi morti (nell'attentato di Ryhad).

Trovo di meglio alla MPRI (sta per Military Professional Resources Increment, la sigla campeggia su uno spadone). Cercano urgentemente supporto logistico per il personale di aziende in Qatar e Iraq, la paga è definita «competitiva» e tra i benefits c'è la copertura dentistico-sanitaria completa per tutta la famiglia. Perbacco, ecco un welfare a mano armata. Ma si capisce che sarei meglio piazzato in graduatoria se fossi un ex-marine o qualcosa del genere. Mi rendo conto che la cosa sta diventando un pò triste.

La voglia mi è passata, tenderei a non arruolarmi. E' che queste aziende della guerra abbelliscono sempre più i loro comunicati roboanti, le loro «carte dei valori», le dichiarazioni di intenti patriottico-liberisti, la loro retorica paracula del noi-facciamo-la-guerra-ma-siamo-i-buoni. Ma basta leggere qui e là sui loro siti per capire che quella è una vernicetta a stelle e strisce per gli allocchi.

Dentro, dietro, c'è la guerra vera: affari per milioni di dollari, forniture militari, ricerche avanzatissime su come spararti addosso da un sommergibile, da un satellite o con un razzo teleguidato. Per la libertà e la democrazia, ci mancherebbe!

Ultimo giro di web: faccio un controllino su come vanno le cose in questa dannata guerra che doveva finire subito e non finisce più.

Negli ultimi 12 mesi (un anno secco di guerra) la Northrop Grumman Company ha guadagnato in borsa il 25,4 per cento. Mi chiedo se a questi patrioti qui, a questi volenterosi della Iraqi Freedom e dello Stock Exchange, convenga finire la guerra velocemente. O se convenga ai mercenari una pace che gli fa secco lo stipendio. Non è credibile: pure se produci missili, se costruisci navi con armamenti nucleari, se assoldi mercenari - o forse proprio per quello - non ti conviene prendere a fucilate la gallina dalle uova d'oro. Cioè la guerra. Un affare così redditizio non può finire troppo in fretta.

http://www.ilmanifesto.it/oggi/art11.html




Privatizzazioni da combattimento

di Marco D'Eramo, ilmanifesto.it


6 aprile - I cadaveri amputati che la settimana scorsa oscillavano dalle travature di un ponte metallico a Falluja hanno riproposto in tutta la sua orrida oscenità il problema dei mercenari nella guerra moderna (vedi Oipaz del 21 gennaio 2003). Quei corpi appartenevano infatti a quattro dipendenti della Blackwater Usa, una delle maggiori «compagnie militari private» (Pmc) operanti in Iraq.

Nessuno sa quanto sia il fatturato mondiale complessivo delle Pmc, ma già prima dell'invasione dell'Iraq si stimava che si aggirasse intorno ai 100 miliardi di euro. Non si tratta di un mero ritorno al passato, ai capitani di ventura; non rivediamo semplici versioni moderne di Giovanni dalle Bande Nere. I mercenari sono quelli di sempre, ma sono assolutamente inediti sia il reclutamento, sia la struttura in cui sono inquadrati.


A operare sono infatti vere e proprie corporations, identiche per dimensioni e funzionamento alle grandi corporations tradizionali, solo che invece di operare nella sanità o nel cibo in scatola, queste imprese operano nel mercato della guerra (sul tema, la Cornell University Press ha pubblicato nel 2003 il libro Corporate Warriors di Peter W. Singer). Tanto è vero che spesso queste ditte sono filiali di multinazionali: così Mpri (Military Professional Resources Increment) è stata comprata dall'industria militare L-3 Communication quotata a Wall Street, mentre Vinnel è una filiale del gruppo Trw; Logicon è un dipartimento del gruppo di armamento Northrop Grunman: a Logicon appartenevano tre civili americani tenuti in ostaggio per più di un anno in Colombia, dove furono catturati mentre erano in missione per cercare laboratori di cocaina.

La privatizzazione della guerra riguarda anche l'infrastruttura e la logistica, compiti che una volta erano prerogativa dei genieri e oggi invece sono appaltati. Così, Kellogg Brown & Root (Kbr) - società del gruppo Halliburton (di cui il vicepresidente Dick Cheney è stato amministratore delegato e presidente fino alla sua candidatura nel 2000) - ottenne nel 1999 un contratto quinquennale da 2,2 miliardi di dollari nei Balcani: Kbr s'impegnava a fornire tra l'altro i servizi logistici, i cessi portatili per il corpo di spedizione Usa, il rinforzamento delle strade perché sopportino il passaggio dei mezzi pesanti, la costruzione del quartiere generale della base americana di Camp Abel Sentry (in Kossovo, un pò a sud della frontiera serba), la lavanderia per le divise sporche dei soldati britannici, il catering per 130.000 rifugiati kossovari. Nel 2002 la Kellogg Brow and Root ha accettato di pagare una multa di 2 milioni di dollari per aver «cucinato i conti» al governo americano. Questa ditta opera anche a Cuba (leggi Guantanamo) e in Asia centrale (Afghanistan ed ex repubbliche sovietiche). Altre mansioni una volta assolte dall'esercito sono ora gestite dalla Bechtel (presieduta dall'ex segretario di stato George Schultz).

Ma naturalmente l'aspetto che colpisce di più nelle Pmc è la privatizzazione del combattimento, cioè i mercenari. In questo campo, le ditte dalla tradizione più consolidata sono: l'ormai scomparsa sudafricana Executive Outcomes (Eo), la britannica Sandline International, la statunitense DynCorp e la belga International Defence and Security (Idas), mentre l'inglese Defence Systems Limited (Dsl) e l'americana Mpri non assumono mercenari impegnati in combattimento, ma forniscono addestramento militare, raccolta d'informazioni, servizi di comunicazioni militari, armi, e protezione ai clienti. Negli Stati uniti, oltre a Blackwater, Vinel, Logicon, Mpri e Dyncorp, le Pmc più importanti sono Saic e Ici of Oregon. La sola Dyn Corp fattura due miliardi di dollari l'anno (l'anno scorso ha ottenuto l'appalto per la protezione fisica del presidente dell'Afghanistan. Hamid Karzai).

Ma è a Baghdad che la privatizzazione della guerra avanza irrefrenabile: sul terreno operano ormai 15.000 mercenari stranieri, appartenenti a ditte americane, ma anche inglesi. L'emblema della privatizzazione sta nel fatto che la stessa sicurezza personale del proconsole americano, Paul Bremer III è assicurata dalla Blackwater: fra un pò anche i generali saranno protetti da mercenari. Già ora il palazzo di Bassora dove ha sede il comando meridionale della coalizione è vigilato da mercenari delle isole Fiji dipendenti della Global Risk Strategy, una ditta inglese di sicurezza con sede a Londra.

E l'Iraq sta favorendo la nascita e il rigoglio di nuove Pmc, come ha raccontato l'Economist della scorsa settimana: fino all'invasione dell'Afghanistan, Global Risks Strategies era costituita da due sole persone, mentre ora dispone di oltre 1.000 guardie in Iraq ha l'incarico di pattugliare le barricate della Coalition Provisional Authority. E l'anno scorso aveva vinto un appalto da 27 milioni di dollari per distribuire la nuova valuta irachena. Un'altra ditta, Control Risks, provvede scorte armate e ha 500 uomini che fanno da guardie del corpo ai funzionari civili inglesi. «Gli organici di prima linea delle compagnie militari private (Pmc) - mercenari in vecchie parole - sono ora la terza forza militare in ordine di grandezza, dopo gli Usa e la Gran Bretagna. Secondo David Claridge, direttore centrale di Janusia, una ditta londinese di sicurezza, l'Iraq ha moltiplicato gli introiti delle Pmc inglesi da 320 milioni di dollari di prima della guerra a oltre 1,6 miliardi di dollari, facendo così della sicurezza la più redditizia esportazione inglese in Iraq». Secondo l'Economist, nel gergo del settore i mercenari delle Pmc si suddividono in tre categorie, in iracheni, in «paesi terzi» (per esempio fijini o gurkha nepalesi) e «internazionali» (di solito bianchi del primo mondo): gli iracheni ricevono 150 dollari al mese, i dipendenti dei «paesi terzi» 10-20 volte tanto e gli «internazionali» 100 volte tanto. Control Risks ha soprattutto dipendenti occidentali, mentre la rivale ArmorGroup ha ai suoi ordini 700 gurkha con cui protegge i funzionari di Bechtel e di Kbr . Invece la ditta inglese Erinys, che ha vinto un appalto da 100 milioni di dollari per assicurare la protezione degli oleodotti, gestisce una forza di 14.000 iracheni. All'inizio il costo della vigilanza privata in Iraq era stimato intorno al 7-10% dei 18,6 miliardi di dollari stanziati dagli Usa per la ricostruzione irachena, ma ora, secondo Blackwater, rappresenta il 25% del totale.

La seconda caratteristica innovativa delle nuove corporations della guerra rispetto alle arcaiche compagnie di ventura è che i loro ranghi direttivi presentano una densità assolutamente abnorme di ufficiali in pensione. Blackwater è stata fondata nel 1988 da ex Navy Seals (le truppe speciali della marina americana, anche se a noi il loro nome non appare particolarmente bellicoso: seals vuol dire «foche»). Erinys è stata fondata da Alistair Morrison, ex ufficiale in pensione dei commandos inglesi di elite Sas (la cui reputazione è uno dei fattori che hanno contribuito al successo delle Pmc britanniche).

Il caso più eclatante è quello della Mpri (fondata nel 1988): ha come presidente il generale Carl E. Vuono, già capo di stato maggiore che diresse la guerra del Golfo e l'invasione di Panama, come capo della divisione internazionale, il generale Crosbie E. Saint, ex comandante delle forze Usa in Europa, come portavoce il generale Harry E. Soyster, già direttore della Defence Intelligence Agency (Dia), e come supervisore in Macedonia il generale Ron Griffith, già vice capo di stato maggiore. Dalla sua sede di Alexandra (suburbio chic di Washington D. C.), Mpri dirige 900 dipendenti, ma dispone di 10.000 ex militari, comprese forze d'élite, pronti a partire su chiamata. I generali che hanno fondato Mpri ci hanno fatto un sacco di soldi (che si aggiungono alle loro pensioni) perché, pur continuando a dirigerla, loro e altri 35 azionisti hanno venduto per 40 milioni di dollari la Mpri a L-3 Communication.

E naturalmente quando questi ex Delta Force, ex Seals, ex Sas devono assumere, ricorrono di preferenza ai propri commilitoni attratti dalle altissime paghe. Secondo il New York Times, un Berretto Verde o un Seal con 20 anni di anzianità guadagna ora 50.000 dollari come paga base (cui però vanno aggiunge varie indennità), e può andare in pensione con 23.000 dollari l'anno. Le ditte di sicurezza gli offrono dai 100 ai 200.000 dollari l'anno (che si aggiungono alla pensione militare che comprende la copertura sanitaria). Oltre tutto, i contatti tra Pmc e militari sono strutturali. Per esempio, il complesso della Blackwater in North Carolina, comprende poligoni di tiro per armi ad alta potenza, edifici per simulare la liberazione di ostaggi e, scrive il New York Times, «è così moderna e ben equipaggiata che i Navy Seals stanziati nella Little Creek Naval Amphibious Base di Norfolk (Virginia) la usano abitualmente; come anche fanno le unità di polizia di tutta la nazione che vengono da Blackwater per un addestramento specializzato».

Da qui l'emorragia e la richiesta di pensionamento anticipato. Sui 300 membri del Sas, 40 hanno chiesto la pensione anticipata l'anno scorso. Lo stesso sta avvenendo tra le truppe speciali Usa. Tanto che i dirigenti militari sono preoccupati perché lo stato finisce per pagare due volte le Pmc, una volta con i soldi dei contratti, ma un'altra volta con il denaro speso per addestrare le truppe d'élite. È stato calcolato che formare un berretto verde richiede 18 mesi di addestramento (e l'apprendimento di una lingua straniera) per un costo di 257.000 dollari. Il comando delle operazioni speciali Usa ha oggi un organico di 49.000 persone (tra combattenti, piloti, e addetti militari e civili alla logistica, alle comunicazioni e all'infrastruttura), e la fuga dei veterani avviene proprio quando la dottrina Rumsfeld (esercito più leggero ma più professionale e più specializzato) prevede di aumentare gli effettivi delle Operazioni Speciali di 3.900 unità. Fino a ora la crescita delle Pmc e la privatizzazione della guerra non hanno suscitato molte proteste. Anche perché i morti delle compagnie private non vengono conteggiati come perdite militari, e quindi non colpiscono l'opinione pubblica. Ma proprio il loro statuto privato, in operazioni di guerra, le rende legalmente irresponsabili. Per ora non sono infatti regolate da nessuna legge né sottoposte a nessun controllo. Finiscono perciò per non differire molto dai bounty killers del Far West, e anche questa loro immunità contribuisce alla guerra civile quotidiana in Iraq.

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