Spiegel Online , 5 Aprile 2006
Spiegel:
Professor Stiglitz, all’inizio della guerra in Iraq, l’amministrazione
statunitense sperava almeno in termini di bilancio di chiudere in
pareggio.
Stiglitz: … credevano sinceramente che la popolazione irachena potesse usare le rendite petrolifere per pagare la ricostruzione.
Spiegel: e
ora lei ha fatto una stima che i costi della guerra siano tra 1
trilione di dollari e 2 trilioni. Come spiega questa differenza?
Stiglitz:
Primo, la guerra è stata molto più difficile di quello che si aspettava
il presidente Bush e il suo governo. Pensavano che fosse una
passeggiata, che tutti avrebbero ringraziato, che avrebbero istallato
un governo democratico e poi se ne sarebbero andati. Ora che la guerra
sta durando così tanto di più, loro devono adeguare costantemente il
loro budget. E’ cresciuto da 50 miliardi di dollari a 250 miliardi.
Oggi, il Congressional Budget Office parla di 500 miliardi di dollari e più per questa avventura.
Spiegel: Che è comunque molto più basso dei suoi calcoli.
Stiglitz:
I numeri riportati non includono neppure la totalità dei costi di
budget dati al governo. E i costi di budget non sono che una porzione
dei costi per l’economia nel suo complesso. E paragonateli alla prima
guerra del Golfo, quando gli Stati Uniti hanno addirittura avuto un
profitto!
Spiegel: Perché la Germania ha pagato?
Stiglitz: Perché la Germania
ha pagato, perché tutti hanno pagato. I nostri alleati li abbiamo
convinti a pagare per l’equipaggiamento usato e abbiamo rifornito il
nostro apparato militare. Questa volta la maggior parte degli altri
paesi non sono stati disposti a comportarsi nella stessa maniera.
Spiegel: Bush ha semplicemente sbagliato i calcoli, o ha ingannato il pubblico sui veri costi della guerra?
Stiglitz:
Penso entrambi. Ha voluto credere che non fosse cara, ha voluto credere
che fosse facile. Ma ora ci sono prove evidenti che i canali di
informazione che arrivavano alla Casa Bianca erano distorti, e sono
questi che principalmente lo hanno informato. Larry Lindsey …
Spiegel: … l’ex top consigliere economico della Casa Bianca …
Stiglitz:
… diede – nel 2002 – cifre che arrivavano ai 200 miliardi di dollari.
Penso che questa sia stata la più accurata stima tra le informazioni di
quel periodo. E’ stato licenziato. Non la volevano ascoltare.
Spiegel:
Negli Stati Uniti si discute raramente dei costi finanziari della
guerra. E’ abitudine considerarli un sacrificio per raggiungere uno
scopo comune. Perché è diverso oggi?
Stiglitz:
Questa non è come una guerra mondiale dove eri attaccato. Noi siamo
stati attaccati a Pearl Harbour, dovevamo rispondere. Questa volta, noi
avevamo una scelta, dovevamo decidere come e chi attaccare …
Spiegel: … e se ve lo potevate permettere.
Stiglitz:
Beh, ce lo possiamo permettere, non è questo il punto. Il punto è: 1
trilione di dollari o 2 trilioni sono un sacco di soldi. Se il tuo
obiettivo è avere un Medio Oriente stabile, garantirti il petrolio, o
estendere la democrazia, puoi fare molta campagna acquisti per la
democrazia con questa cifra. Contestualizziamola: il mondo spende 50
miliardi di dollari all’anno in aiuti. Quindi quello di cui stiamo
parlando è moltiplicare il budget per gli aiuti di 20 volte. Non
direste che questo potrebbe fare molto di più per la pace, la stabilità
e la sicurezza?
Spiegel:
Bush risponderebbe che vale la pena di spendere così tanto per
diminuire le probabilità di un grosso attentato contro gli Stati Uniti.
Stiglitz:
Nessuno prende seriamente questa giustificazione. Invece, la maggior
parte della gente pensa che la guerra in Iraq ha aumentato le
probabilità di un attacco. Comunque, è difficile inserire questo
aspetto in termini finanziari.
Spiegel: Come ha calcolato i costi della guerra?
Stiglitz :
Le cifre ufficiali sono solo la punta di un enorme iceberg. Per
esempio, uno dei costi della guerra è dato dai soldati che oggi vengono
gravemente feriti ma rimangono in vita, e noi possiamo mantenerli in
vita, ma con costi enormi.
Spiegel: E’ questa la voce più alta delle sue stime?
Stiglitz:
E’ molto importante. L’amministrazione Bush sta facendo tutto quello
che può per nascondere il grande numero di veterani che tornano
gravemente feriti, 17.000 al momento compresi circa un 20% con serie
ferite alla testa e al cervello. Perfino la stima di 500 miliardi di
dollari non considera la disabilità permanente e quindi i costi per
l’assistenza sanitaria che i contribuenti dovranno pagare per gli anni
a venire. E l’amministrazione non è neppure generosa con i veterani, le
vedove e il loro figli.
Spiegel: Cosa significa?
Stiglitz:
Se rimani ferito in un incidente in macchina, e fai causa all’autista,
otterrai molto di più per la tua ferita che non se stai combattendo per
il tuo paese. Qui c’è un doppio standard. Se ti capita di mettere la
tua vita a rischio combattendo per il tuo paese, prendi poco. Se
attraversi la strada e rimani ferito, prendi molto di più.
Similarmente, i pagamenti per un soldato morto arrivano appena a
500.000 dollari, che è molto meno del risarcimento standard per una
morte. Questo valore statistico per una vita negli Stati Uniti ammonta
a circa 6 milioni e mezzo di dollari.
Spiegel: Quanto costa al governo americano un soldato con una lesione grave e permanente al cervello?
Stiglitz:
La mia stima al ribasso è di circa 4 milioni. Solo per questo gruppo ci
sarà un costo totale di 35 miliardi di dollari dei quali nessuno sta
parlando. Ma osserva il quadro più amplio: l’ Ufficio per i Veterani
dell’amministrazione aveva originariamente fatto delle previsioni per
lo scorso anno che circa 23.000 veterani di ritorno dall’Iraq avrebbero
necessitato di cure mediche. Ma nel giugno del 2005 ha
rivisto la stima portandola ad una cifra di 103.000. Nessun dubbio che
l’anno scorso l’ufficio per i veterani ha dovuto chiedere al Congresso
fondi di emergenza per l’ammontare di 1,5 miliardi.
Spiegel:
Se questa è una guerra da 1 trilione di dollari, perché gli Stati Uniti
non riforniscono i soldati di una buona protezione e di veicoli più
corazzati?
Stiglitz:
Ovviamente gli Stati Uniti possono pagare per migliori giubbotti anti
proiettile. Rumsfeld, il nostro segretario alla difesa, ha detto che si
deve combattere con le protezioni in dotazione, ma questo è da
incoscienti. L’ establishment militare sta guardando solo ai costi di
breve periodo. Se non forniscono protezioni adeguate, risparmiano
qualcosa oggi, ma i costi dell’assistenza sanitaria saranno il futuro
di qualche altro presidente. Ritengo che sia fisicamente e moralmente
irresponsabile.
Spiegel: Questa guerra avrebbe potuto essere più sicura per le truppe e più economica per il paese?
Stiglitz: Esattamente.
Spiegel: La guerra non è più sostenibile neppure per paesi così ricchi come gli Stati Uniti?
Stiglitz:
Si deve ricordare che abbiamo un’economia da 13 trilioni di dollari
l’anno. Il problema non è se te la puoi permettere, ma se questo è il
modo in cui vuoi spendere i tuoi soldi. Nell’usare le limitate risorse
che abbiamo per combattere questa guerra, abbiamo meno risorse per fare
altre cose. Avete visto in televisione cosa è successo a New Orleans
dopo l’uragano Katrina. I riservisti e la guardia nazionale sono
solitamente le risorse che usiamo per questo tipo di emergenze
nazionali. Loro non erano qui, erano in Iraq e così noi eravamo meno
protetti.
Spiegel:
Prima dell’invasione dell’Iraq, l’amministrazione americana ha
affermato che il modo migliore per tenere il prezzo del petrolio sotto
controllo è una guerra veloce e vittoriosa. Ai tempi un barile di
greggio era a 25 dollari e ora è superiore ai 60 dollari. Quanto di
questo aumento è dovuto alla situazione irachena?
Stiglitz:
Nella nostra analisi sui costi della guerra, noi pensiamo che solo una
modesta percentuale dal 5% al 10% dell’aumento è causato dalla guerra.
Vogliamo tenere il nostro studio prudente, così nessuno si metterà a
discutere le nostre cifre e nessuno lo ha fatto. Ma ritengo che ci sia
una diffusa sotto stima dei costi reali.
Spiegel: Ma perché? Cina e India stanno aumentando la loro domanda, la crescita globale sta procedendo. Questo è pilotare i prezzi.
Stiglitz: Quando
cresce la domanda, cresce anche l’offerta – così funzionano i mercati
normalmente – ora stiamo assistendo ad un aumento della domanda di
petrolio ma non c’è un commisurato aumento dell’offerta. E c’è una
risposta semplice, è l’Iraq. Ma non è solo perché la sua produzione è
bassa.
Spiegel: Cosa altro?
Stiglitz:
Il Medio Oriente ha i più bassi costi di produzione del mondo. Possono
produrre petrolio a 10, 15, 20 dollari al barile. Ora noi abbiamo la
tecnologia per produrre petrolio in altri posti ad un costo tra i 35 e
i 45 dollari al barile. Ma chi vuole sviluppare campi petroliferi o
investire in nuove tecnologie altrove se sanno che in cinque anni il
Medio Oriente potrà offrire petrolio ai prezzi precedenti?
Spiegel:
In altre parole, quando in Medio Oriente tornerà pace e stabilità, il
prezzo del petrolio potrebbe tornare a 25 dollari, nonostante la grande
fame globale di energia?
Stiglitz: Si. In ogni caso questo è il livello di prezzo che i commercianti di petrolio stavano speculando in future trading prima dello scoppio della guerra.
Spiegel: Ci dovrebbero essere forti pressioni economiche su Bush per porre fine a questo conflitto.
Stiglitz:
Le sole persone che stanno avendo benefici da questa guerra sono gli
amici di Bush nell’industria petrolifera. Ha fatto all’economia
americana e all’economia globale un tremendo danno, ma i suoi amici in
Texas non potrebbero essere più felici. Il prezzo del greggio è alto e
loro fanno soldi quando il prezzo del petrolio sale. I loro profitti
hanno livelli da record.
Spiegel: Lei non ama molto questo presidente?
Stiglitz: Oh, non è un fatto personale. E’ tutto per la sua politica.
Spiegel: C’è un vecchio detto: la guerra è buona per l’economia.
Stiglitz:
Ascoltate, la seconda guerra mondiale è stata veramente inusuale in
quando l’America veniva dalla grande depressione. Così la guerra ha
aiutato l’economia ad uscire con decisione dal declino. Questa volta,
la guerra è un male per l’economia sia sul breve che sul lungo periodo.
Avremmo potuto spendere trilioni in ricerca o educazione, invece.
Questo avrebbe portato in futuro ad un aumento della produttività.
Spiegel: Allora il disastro economico della guerra all’Iraq è perfino peggiore di quello politico?
Stiglitz:
Siamo così ricchi e siamo in grado di resistere perfino questo livello.
Costringere alla fuga altri investimenti, indebolire l’economia nel
futuro, questa non è ancora una crisi. Ma è un’erosione. Diventa un
problema per i nostri legislatori. E non dimenticate la questione
importante della proliferazione nucleare di Iran e Nord Corea.
Consumiamo la nostra abilità per occupandoci di cose serie trattando
con qualcosa che è meno serio.
Spiegel: Qual è la sua opinione economica sull’Iran?
Stiglitz:
Stiamo aiutando coloro che Bush definisce 'cattivi’. Teheran non
potrebbe essere più felice rispetto all’alto prezzo del greggio come
risultato della guerra all’Iraq.
Spiegel:
Se il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite vota le sanzioni
contro l’Iran e il suo export petrolifero, che cosa significherebbe per
l’economia mondiale?
Stiglitz:
Significherebbe una importante sospensione, poiché il prezzo del
petrolio potrebbe salire oltre i 100 dollari. Si può innalzare il
prezzo da 25 a 40 dollari e la gente può assorbirlo. Se il prezzo sale sopra 60
dollari il consumatore non è felice. Comincia a rimodellare i consumi,
passa a automobili più piccole, guida meno veloce. A 100 o 120 dollari
ci sono grandi cambiamenti nello stile di vita. La vendita di macchine
crollerebbe. I più poveri dovrebbero affrontare seri problemi di scelta
tra riscaldamento e cibo.
Spiegel: Il mondo non può permettersi le sanzioni in questo momento?
Stiglitz: Stiamo parlando di non rilasciare i visti ai loro funzionari per visitare i nostri paesi.
Spiegel: Che non è una misura così dura.
Stiglitz: Non è una sanzione. Quindi la risposta è, si, non siamo di fronte a vere sanzioni.
Spiegel: Professor Stiglitz, grazie per l’intervista
L’intervista è stata fatta da Frank Horning e Georg Mascolo
(Traduzione di Paola Gasparoli)
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