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Le minacce a Obama: abboccano solo i media italiani


Per alcuni giorni l'informazione italiana ha riempito le sue prime pagine di un allarme basato sulla voce di un fantasma, Omar Abu al-Baghdadi. Un terrorista che i militari USA avevano già ammesso inesistente nel 2007. «È stato utilizzato un attore iracheno per leggere le dichiarazioni attribuite a Baghdadi», riconobbero allora. Se qualcuno avesse fatto il suo mestiere, oggi non ci sarebbe stata nessuna base per tanta rinnovata isteria. Ma andiamo con ordine...

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Le minacce a Obama: abboccano solo i media italiani

Paolo Maccioni, Megachip

11 novembre 2008

Per alcuni giorni l'informazione italiana ha riempito le sue prime pagine di un allarme basato sulla voce di un fantasma, Omar Abu al-Baghdadi. Un terrorista che i militari USA avevano già ammesso inesistente nel 2007. «È stato utilizzato un attore iracheno per leggere le dichiarazioni attribuite a Baghdadi», riconobbero allora. Se qualcuno avesse fatto il suo mestiere, oggi non ci sarebbe stata nessuna base per tanta rinnovata isteria. Ma andiamo con ordine.

Il 7 novembre 2008 quasi tutti i giornali italiani davano grande rilevanza a un' allarmante notizia: "Al-Qaeda agli Usa: ora ritiratevi", come titolava «La Stampa».

Sul «Corriere della Sera» il titolo era: ""Al-Qaeda a Obama: convertitevi" .

Addirittura «il Giornale», house organ della famiglia Berlusconi , scrive: "Al-Qaeda minaccia Obama: converitevi e ritiratevi".

[ http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=304392 ]

E così pure, con toni più o meno analoghi, i serpentoni di Rainews24 del tg Sky ("Al-Qaeda minaccia Obama sul web") e di tutti i Tg , tutti a credere al file audio del presunto Abu Omar al-Baghdadi.

Fa eccezione Toni Fontana, («l'Unità»): su al-Baghdadi ammette: «Nessuno lo ha mai visto, l'intelligence americana dubita addirittura della sua esistenza», senza ulteriori riscontri. Per il resto, la stampa italiana spara l'allarme.

A guardare invece i siti dei maggiori quotidiani statunitensi, e così i media britannici e i network internazionali, appare poco o nulla. Il «New York Times» solo l' 8 novembre pubblica un articolo che tuttavia ha un titolo ben diverso: "Jihadi Leader Says Radicals Share Obama Victory" , ossia "Un leader della jihad dice che gli integralisti partecipano alla vittoria di Obama". Più correttamente scrive che si tratta di un leader della jihad, non di al-Qaeda come invece scrivono i nostri quotidiani.

È vero: Abu Omar al-Baghdadi in passato è figurato come leader del presunto " Stato Islamico dell'Iraq" che rivendica vicinanze alla non meglio precisata galassia al-Qaeda . Tuttavia la parola " al-Qaeda ", l'evocazione stregata che fa rabbrividire, compare sul «New York Times» solo nel testo, non nel titolo. E la minaccia riportata dai quotidiani nostrani semplicemente non c'è .

Venerdì 7 novembre il «Washington Post» diramava senza enfasi, in poche righe quasi irrintracciabili , un 'agenzia dal titolo : "Gli insorti a Obama: ritiratevi dall'Iraq". Nel dispaccio si legge che Al-Baghdadi è il «sedicente leader del fronte al-Qaeda dello Stato Islamico dell'Iraq». L'agenzia poi, correttamente, spiega che a riferire tutto ciò è "il SITE Intelligence Group che monitora i siti islamici" (precisazione importante, ma che non compare sui media italiani).

Ora i meno sprovveduti, a differenza delle distratte truppe da desk delle nostre redazioni, sanno che significa SITE, il "gruppo di intelligence" che sa in anticipo le date di uscita e diffonde come trailers gli annunci di imminenti video e audio dei siti estremisti islamici. Il SITE , un'agenzia collegata anche ai siti del MEMRI, l'istituto che riempie le redazioni occidentali con la pappa pronta di traduzioni dai media mediorientali tese a mostrarli come un blocco fanatico, è profondamente condizionata da società legate ai servizi segreti statunitensi e israeliani.

Forse i media USA per disciplina attendono conferme indipendenti dell'autenticità dei proclami sui siti web diramati dal SITE, prima di sparare allarmi in prima pagina? Può darsi che a furia di inciampare sui facili sensazionalismi abbiano imparato a prendere certi comunicati con le molle.

Considerate dunque per un istante l'incredibile rivelazione del Luglio 2007 – fatta da un generale di brigata americano, Kevin Bergner, alla giornalista Tina Susman – su un terrorista iracheno impersonato da un attore: «Il presunto capo di un gruppo iracheno affiliato ad al-Qaeda, è stato dichiarato non-esistente da ufficiali USA. I quali hanno chiarito che si trattava di una persona immaginaria creata per dare una faccia irachena a una organizzazione terroristica straniera.» (T. Susman, "US says Iraqi rebel head is an invention", «Los Angeles Times», 20 luglio 2007).

Avete letto bene. E si parlava proprio di Baghdadi. La dichiarazione sorprende, se si pensa che a marzo 2007 il cattivone era stato dichiarato catturato, mentre a maggio fu dichiarato ucciso, e il suo presunto cadavere venne perfino mostrato alla TV di Stato irachena. L'articolo proseguiva così: «È stato utilizzato un attore iracheno per leggere le dichiarazioni attribuite a Baghdadi, da ottobre indicato come il leader dello 'Stato Islamico in Iraq', ha detto il generale di brigata dell'esercito USA Kevin Bergner. Bergner ha detto che la nuova informazione è venuta da un uomo catturato il 4 luglio, descritto come l'iracheno più alto in grado nello Stato Islamico in Iraq». Il livello di attendibilità delle rivendicazioni è dunque molto basso, mentre è elevatissimo il tasso di manipolazione. Fiction, più che politica. Teatro dell'assurdo, anziché informazione.

Un buon esercizio per misurare lo stato di salute della nostra informazione (purtroppo limitato solo a chi padroneggia l'inglese) può essere quello di confrontare gli articoli recenti di «The New York Times» con uno qualsiasi dei nostri, dal «Corriere» o dalla «Repubblica», per non dire de «Il Giornale». Provare per credere.

Se la minaccia fosse seria e da prima pagina, come appare al lettore italiano, com'è che non abbiamo registrato nessuna reazione da parte dell'amministrazione Usa, né di quella uscente, né di quella in via di insediamento ? Com'è che non c'è stata nessuna chiosa sui grandi media internazionali?

Misteri. Cosa hanno le nostre testate che manca a quelle americane? Perché questa evidente discrepanza fra noi e gli altri? Qual è, e come funziona la catena che fa sì che una notizia prenda una certa piega e si diffonda in modo quasi uniforme su tutte le testate? Forse, anzi senz'altro, la parola "al-Qaeda" nel titolo fa vendere copie, alza l'audience, moltiplica gli accessi alle pagine web. Ma allora il lettore è solo un consumatore? E in tal caso, quanto rispetto ha di lui chi fa informazione?

Domande interessanti, le cui risposte, se soddisfacenti, ci aiuterebbero a comprendere meglio non solo il pianeta ma anche come funziona il mondo malandato dell'informazione nel nostro Paese.

Incidenti redazionali di un giorno? Niente affatto, è proprio una tendenza, un modo di funzionare del giornalismo nostrano.

Il giorno dopo, la discrepanza fra i media italiani e il resto del pianeta è apparsa ancora più evidente . Inevitabile porsi domande, inevitabile che nascano dubbi e sospetti.

Il serpentone del TG Sky mette come terza notizia "Al-Qaeda prepara un attacco negli Usa più grande dell'11 settembre", notizia comunicata pure dai Gr Rai e da tutti i Tg pubblici e privati , e sulle prime pagine di tutti o quasi i quotidiani. Su «la Repubblica» la notizia di apertura diventa un guazzabuglio gorgogliante in cui c'entrano anche l'Iran e lo Scudo Spaziale .

Ora , se una notizia così grave – e in effetti suonerebbe come tale - passa fra le più importanti news di tutti i media nostrani, com'è che quasi non se ne trova traccia nel resto del mondo? Come si fa a non chiederselo? Forse che all'estero sono più spensierati?

Mi sono affannato a ritrovarla pure su BBC World News, su Al Jazeera International, sulla CNN, sia sui canali satellitari che su Internet, sui vari media e network planetari. Niente. Niente sulle prime pagine del «Times» di Londra, del «New York Times», del «Washington Post». Com'è possibile che il «Washington Post» non si allarmi come i nostri media? Se è da prima pagina da noi, com'è che non è in prima pagina da loro, dato che li riguarda direttamente? Ma sopratutto come non ci si può fare domande del genere? Il lettore può non farsele, quanti sono coloro che vanno a leggersi « The Washington Post» online? Ma in una redazione, dato che vivono quasi incatenati al desk, non possono non confrontarsi, non accorgersi di essere gli unici sul pianeta a dare l'allarme! Sono forse gli unci svegli nel mondo?

La notizia che "Al-Qaeda prepara negli Usa un attentato peggiore dell'11/9", titolo principale de «la Repubblica» online, è attinta da una fonte che ha parlato in forma anonima a un giornale yemenita , «al-Quds al-Arabi», in lingua araba ma pubblicato a Londra. «Il quotidiano diretto da Abdel Bari Atwan – si legge su repubblica.it - ha pubblicato oggi in prima pagina le rivelazioni di una persona definita ""molto vicina alla direzione di Al-Qaeda nello Yemen".»

Dunque una fonte anonima su un quotidiano in lingua araba di cui – si accettano scommesse – i redattori italioti non sanno niente . Chissà quante fonti anonime nel tempo avranno espresso minacce o imminenti attacchi qua e là nell'infinita galassia dell'editoria planetaria, del mondo arabo in particolare. Ma una cosa del genere può davvero essere schiaffata in prima pagina? No.

Una cosa è dire "Al-Qaeda prepara negli Usa un attentato peggiore dell'11/9", al di là di tutte le ragionevoli perplessità sulla paternità esclusiva di Al-Qaeda dei famosi attentati. Ben altra cosa è dire che una non precisata fonte (pertanto chissà quanto attendibile) avrebbe detto ad un quotidiano quasi invisibile che Al-Qaeda prepara negli Usa un attentato peggiore dell'11/9. Per chi lavora questa fonte? Magari è genuina ma magari no, potrebbe pure essere qualcuno a cui conviene che nell'Occidente si rafforzi il terrore per al-Qaeda. In ogni caso, data la seconda ravvicinatissima discrepanza fra la dignità e il clamore concesso a notizie del genere in Italia e nel resto del mondo c'è da chiedersi: ma forse da noi esiste qualche agenzia, qualche apparato sotterraneo nelle agenzie o nelle redazioni che butta queste esche? Può darsi. Ma la ragione potrebbe essere più semplice, senza dover scomodare ipotesi di complotto: in tutte le redazioni ci sono gli " eserciti del desk " cui basta poco, forse abboccano all'amo pure senza esca. E, cosa ben più grave, capi di redazione e direttori che non emendano, che non sanno o non vogliono ponderare, verificare, confrontare . A loro interessa vendere, registrare ascolti. E con un senso di responsabilità basso, bassissimo. Pedine più o meno inconsapevoli di un gioco più grande di loro che vuol vendere la paura, merce buona per tutte le stagioni.Alla larga dalle edicole e dai canali televisivi italiani! Imparate l'inglese, guardate altri canali sul satellite e leggete quotidiani internazionali online. Verrete trattati da lettori, da cittadini, anziché da consumatori cui rifilare merce guasta.

Ed ecco la controprova. Serata di domenica 9 novembre 2008. Tutte le testate hanno ritirato da serpentoni e homepage la notizia, o quanto meno l'hanno di molto ridimensionata. Su repubblica.it si passa in poche ore dal titolo d'apertura della homepage al rango di notizia introvabile, scomparsa, senza più traccia.

Nondimeno , Sky persevera: il ''Sondaggio del giorno'' – probabilmente affidato a una cornacchia - chiede: «Al-Qaeda minaccia nuovi attacchi agli Usa: secondo te è possibile un attentato più grave di quello dell'11/9?'».

Ma se i più titolati organi d'informazione nazionale ritirano la notizia significa che hanno ritenuto non meritasse l'enfasi che le avevano dato in precedenza, altrimenti perché ritirarla, data la sua gravità ? Ergo - aristotelicamente - ammettono indirettamente l'errore di valutazione, dunque, perché non si scusano con lo spettatore-lettore-internauta?

Ma soprattutto: che diavolo succede allo spettatore-lettore-internauta italiano che non si fa queste domande, non esige queste scuse e domani è pronto a sorbirsi una nuova bolla di sapone?

Se non cambia l'atteggiamento dell'utente, perché mai chi vende merce di seconda scelta dovrebbe smettere di farlo?


:: Article nr. s8713 sent on 13-nov-2008 08:35 ECT

www.uruknet.info?p=s8713

Link: www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=8272



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