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Gli USA hanno perso la guerra in Iraq


È finita. Agli Stati Uniti servono tre cose per vincere la guerra in Iraq: sconfiggere la resistenza irachena; istituire in Iraq un governo stabile che sia amico degli USA; conservare l'appoggio del popolo americano mentre si fanno le prime due. Nessuna di queste tre cose sembra più possibile. Primo, gli stessi militari USA non credono più di poter sconfiggere la resistenza. Secondo, la probabilità che i politici iracheni riescano ad accordarsi su una costituzione è quasi nulla, e quindi la probabilità di avere un governo centrale minimamente stabile è quasi nulla. Terzo, il pubblico americano sta diventando contrario alla guerra poiché non vede "luce alla fine del tunnel"...



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Gli USA hanno perso la guerra in Iraq

Immanuel Wallerstein, ZNet

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15 agosto 2005

È finita. Agli Stati Uniti servono tre cose per vincere la guerra in Iraq: sconfiggere la resistenza irachena; istituire in Iraq un governo stabile che sia amico degli USA; conservare l'appoggio del popolo americano mentre si fanno le prime due. Nessuna di queste tre cose sembra più possibile. Primo, gli stessi militari USA non credono più di poter sconfiggere la resistenza. Secondo, la probabilità che i politici iracheni riescano ad accordarsi su una costituzione è quasi nulla, e quindi la probabilità di avere un governo centrale minimamente stabile è quasi nulla. Terzo, il pubblico americano sta diventando contrario alla guerra poiché non vede "luce alla fine del tunnel".

Come risultato, il regime Bush è in una posizione impossibile. Gli piacerebbe ritirarsi in una maniera dignitosa, affermando una qualche apparenza di vittoria. Però, se cerca di farlo, affronterà la delusione e la rabbia feroci del partito della guerra in patria. E se non lo fa, fronteggerà la rabbia feroce del partito del ritiro. Finirà senza accontentare nessuno dei due, perderà precipitosamente la faccia, e sarà ricordato con disonore.

Vediamo cosa sta succedendo. Questo mese, il gen. Gorge Casey, il comandante generale USA in Iraq, ha suggerito che potrebbe essere possibile ridurre l'anno prossimo le truppe americane in Iraq di 30.000 unità, dati i miglioramenti nella capacità delle forze armate del governo iracheno di gestire la situazione. Quasi immediatamente, questa posizione è stata attaccata dal partito della guerra, e il Pentagono ha corretto la dichiarazione per suggerire che forse questo non sarebbe accaduto, poiché forse le forze irachene non erano ancora pronte ad gestire la situazione, il che è sicuramente vero. Allo stesso tempo, sui principali quotidiani sono apparse storie che suggerivano come il livello di sofisticazione militare delle forze insorgenti sia andato crescendo costantemente e considerevolmente. E il ritmo aumentato delle uccisioni di soldati USA avvalora certamente questa valutazione.

Nel dibattito sulla costituzione irachena, ci sono due problemi principali. Uno è fino a che livello la costituzione istituzionalizzerà la legge islamica. È concepibile che, dati tempo e fiducia a sufficienza, su questo problema potrebbe esserci un compromesso che più o meno soddisferebbe il grosso delle parti. Ma il secondo problema è più intrattabile. I curdi, che in realtà vogliono uno stato indipendente, non si accontenteranno di meno di una struttura federale che garantisca la loro autonomia, del mantenimento della loro milizia, e del controllo di Kirkuk come loro capitale e delle sue risorse petrolifere come loro preda. Gli sciiti attualmente sono divisi fra quelli che la pensano come i curdi e vogliono una struttura federale, e quelli che preferiscono un forte governo centrale, purché possano controllarlo loro insieme alle sue risorse, e purché abbia un carattere islamico. E i sunniti vogliono disperatamente conservare uno stato unito, in cui abbiano come minimo la pa! rte che spetta loro, e certamente non vogliono uno stato governato da interpretazioni sciite dell'Islam. Gli USA hanno cercato di incoraggiare un qualche compromesso, ma è difficile vedere quale potrebbe mai essere. Così, in questo momento siamo di fronte a due possibilità. Gli iracheni nascondono le divergenze in un qualche modo che non durerà a lungo. Oppure ci sarà un più immediato fallimento nei negoziati. Nessuna delle due possibilità soddisfa le esigenze degli Stati Uniti. Naturalmente, c'è una soluzione che potrebbe porre termine allo stallo. I politici iracheni potrebbero unirsi ai resistenti in uno slancio nazionalista antiamericano, e unire così almeno la parte non curda della popolazione. Questo sviluppo non è da escludere, e naturalmente è un incubo dal punto di vista americano.

Ma, per il regime Bush, la situazione peggiore di tutte è sul fronte interno. L'indice di approvazione di Bush per la condotta della guerra in Iraq è sceso al 36 per cento. Le cifre da qualche tempo scendono costantemente e dovrebbero continuare a farlo. Perché il povero Gorge Bush adesso è di fronte alla veglia di Cindy Sheehan. Si tratta della madre 48enne di un soldato che è stato ucciso in Iraq un anno fa. Infuriata dall'affermazione di Bush che i soldati americani sono morti in una "nobile causa", ha deciso di andare a Crawford, in Texas, e chiedere di vedere il presidente in modo che potesse spiegarle per quale "nobile causa" era morto suo figlio.

Naturalmente, Gorge W. Bush non ha avuto il coraggio di vederla. Ha mandato degli emissari. La Sheehan ha detto che questo non bastava, che voleva vedere Bush in persona. Adesso ha dichiarato che manterrà una veglia di fronte alla casa di Bush finché lui non la vedrà oppure non verrà arrestata. All'inizio, la stampa l'ha ignorata. Ma adesso, altre madri di soldati in Iraq sono andate a raggiungerla. Sta avendo appoggio morale da sempre più persone che in precedenza avevano appoggiato la guerra. E la stampa nazionale adesso l'ha trasformata in una delle maggiori celebrità, e alcuni la paragonano a Rosa Parks, la signora nera il cui rifiuto mezzo secolo fa di spostarsi più indietro su un autobus a Montgomery in Alabama fu la scintilla che trasformò la lotta per i diritti dei neri in una causa "mainstream".

Bush non la vedrà, perché sa che non c'è nulla che possa dirle. Vederla è una proposta perdente. Ma lo è anche il non vederla. La pressione per il ritiro dall'Iraq ora sta diventando "mainstream". Non è perché il pubblico americano condivida l'idea che gli Stati Uniti sono una potenza imperialista in Iraq. È perché sembra non esserci luce in fondo al tunnel. O piuttosto c'è una luce, la luce che uno sferzante vignettista canadese ha disegnato recentemente sul Calgary News. La vignetta mostra un soldato americano in un tunnel scuro che si avvicina a un uomo al cui corpo è attaccato un assortimento di esplosivi. La luce viene dal fiammifero che l'uomo avvicina alla miccia che li farà esplodere entrambi. Nel mese successivo agli attacchi a Londra e all'alto livello di morti USA in Iraq, è questa la luce che il pubblico americano sta cominciando a vedere. Gli americani vogliono uscire dall'Iraq. Bush è preso in un dilemma insolubile. La guerra è perduta.





Documento originale:
The U.S. Has Lost the Iraq War
http://fbc.binghamton.edu/167en.htm

Traduzione di Luca Tombolesi, ZNet





:: Articolo n. 15158 postato il 29-aug-2005 16:32 ECT

www.uruknet.info?p=15158

Link: www.zmag.org/Italy/wallerstein-usapersoguerra.htm



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