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La My Lai Irachena? E' tragicamente così ma solo per metà


Le rivelazioni di questa settimana sul brutale massacro avvenuto in Irak lo scorso mese di Novembre di 24 civili disarmati, per la maggior parte donne e bambini, da parte dei Marine ci ricordano in maniera orrenda, anche se tutto ciò sorprende solo in parte, della disumanità che è parte integrante di una guerra imperialista. E' una tragedia che va al di là della tragedia, rivoltante e nauseante. E' stata descritta da numerosi blogger liberali e di sinistra nonché da intellettuali come la "My Lai Irachena", riferendosi al massacro avvenuto in Vietnam nel 1968 di 500 civili disarmati per mano dei soldati Statunitensi...

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La My Lai Irachena? E' tragicamente così ma solo per metà

Michael George Smith

6 Giugno 2006

[31 / 05] -- Le rivelazioni di questa settimana sul brutale massacro avvenuto in Irak lo scorso mese di Novembre di 24 civili disarmati, per la maggior parte donne e bambini, da parte dei Marine ci ricordano in maniera orrenda, anche se tutto ciò sorprende solo in parte, della disumanità che è parte integrante di una guerra imperialista. E' una tragedia che va al di là della tragedia, rivoltante e nauseante.

E' stata descritta da numerosi blogger liberali e di sinistra nonché da intellettuali come la "My Lai Irachena", riferendosi al massacro avvenuto in Vietnam nel 1968 di 500 civili disarmati per mano dei soldati Statunitensi. Naturalmente i numeri sono assai differenti, ma la dinamica di base è la stessa – una forma estrema di razzismo e di disumanizzazione che è stata usata da Bush e dagli ufficiali di alto rango dell'esercito per vendere la guerra e convincere giovani uomini e donne a combattere e a morire in una guerra che beneficia solo i ricchi e i potenti.

Il significato del massacro di My Lai nell'arena politica fu quello di aiutare a galvanizzare negli Stati Uniti l'opinione pubblica contro la guerra, volgendo contro di essa molti altri milioni di persone e servì come una pedana di lancio per l'affermazione di un movimento contro la guerra molto più forte. Sfortunatamente, date le politiche seguite dalla leadership dell'attuale movimento contro la guerra, il giustificato senso di disgusto degli Americani di fronte agli eventi dello scorso Novembre ad Haditha con tutta probabilità questa volta non sarà capace di dar vita ad un risultato similare – e questa non sarà altro che una tragedia che prolungherà l'occupazione e porterà solamente ad un ulteriore spargimento di sangue.

Lo abbiamo visto accadere nel corso degli ultimi 3 anni. Mentre le prime pagine dei giornali Americani sbraitavano contro le atrocità dell'occupazione – dalle torture di Abu Ghraib alla distruzione premeditata di Fallujah – il movimento contro la guerra è rimasto in gran parte silente. La mancanza di una qualsivoglia risposta al prezzo che l'occupazione sta esigendo quotidianamente alla gente dell'Iraq è già di per se grave, ma la fallimentare incapacità a rispondere con forza ad eventi particolarmente vili come questi ha chiaramente un qualcosa di criminale.

Qualcuno attribuisce la colpa di questo all'apatia dello stesso popolo Americano – o in maniera ancora più ridicola al fatto che essi in qualche maniera sostengono l'uccisione di donne e bambini innocenti perchè li vedono come un "risarcimento" per l'11 Settembre. Ma queste opinioni non tengono in considerazione il fatto che un numero assai grande di Americani hanno finito per rivoltarsi contro la guerra, con il 59% di essi che adesso dichiara che questo conflitto è stato un errore – ed essenzialmente lo dichiarano senza che ci sia la presenza di un visibile movimento contro la guerra.

Il problema non è che agli Americani non importa niente della guerra, dei suoi costi e dell'orrendo danno inferto all'Iraq e al suo popolo. Il problema è che la leadership del movimento contro la guerra – principalmente United for Peace and Justice, la più grande organizazzione a livello nazionale contro la guerra – ha distrutto sistematicamente ogni possibile forma di espressione che possa essere utilizzata dalla gente per dar voce al proprio disgusto nei confronti della guerra.

Allo scopo di dar vita ad una lobby nel Congresso, di eleggere Democratici [che sono spesso favorevoli alla guerra] e di appellarsi a coloro che sono al di fuori del "coro" del movimento contro la guerra, un'organizzazione come UFPJ ha abbandonato in maniera effettiva la strategia della lotta di massa. Mentre la protesta che hanno organizzato a New York lo scorso 29 Aprile è stata capace di richiamato una folla che è stata stimata essere di 350.000 persone, questa manifestazione è stata deliberatamente messa in scontro frontale con le proteste mondiali che si sono svolte il 20 Marzo [in concomitanza con il terzo anniversario dell'occupazione] ed è servita più come un vigoroso raduno a favore dei Democratici piuttosto che essere una protesta per chiedere il ritiro immediato di tutte le truppe.

Sulla propria pagina web, la UFPJ afferma che "ci organizzeremo affinchè i temi della pace e della giustizia siano il punto focale dell'agenda delle elezioni di quest'anno, e mobiliteremo gli elettori che sono a favore della pace." Come? A chi daranno il loro voto? A quei Democratici che vogliono ampliare il conflitto all'Iran [come Barack Osama, che è favorevole agli attacchi missilistici], a quei Democratcici che vogliono inviare altri contingenti di truppe in Iraq [come la tristemente nota dichiarazione di John Kerry, che durante la campagna elettorale del 2004 ha affermato che Bush non stava "picchiando abbastanza duramente" su Fallujah], o ai quei Democratici che vogliono semplicemente rimuovere le truppe dall'Iraq e spostarle in Kuwait [come John Murtha e la sua risoluzione per il cosidetto "ritiro"]? Quali di questi "candidati pacifisti" dovremmo sostenere?

La UFPJ ha anche creato un Network di Azione Legislativa, la cui funzione è quella di promuovere nel Congresso il sostegno nei confronti di "qualunque legislazione che venga presentata allo scopo di porre fine alla guerra". Questo è un proposito di difficile realizzazione, dato che il numero di veri e propri progetti di legge contro la guerra presentati al Congresso --- ossia di disegni di legge che richiedano effettivamente il ritiro immediato delle truppe Americane, lo smantelleramento delle basi militari e impongano di lasciare l'Iraq agli Iracheni – è uguale a zero. I disegni di legge sostenuti dall'UFPJ potrebbero essere più accuratamente descritti come legislazione il cui scopo è quello di fermare il movimento contro la guerra, e con la collaborazione criminale dell'UFPJ e di quelli della loro specie, un tale proposito potrebbe anche essere attuato.

Chiunque potrebbe essere tentato di chiedersi che cosa possa esattamente fare una persona che vede la carneficina di Haditha riportata sulle prime pagine dei giornali e voglia fare qualcosa per porre fine a questa tragedia e riportare a casa le truppe. Sfortunatamente, la sola risposta che viene apparentemente offerta è di votare per i guerrafondai, di sostenere proposte di "ritiro" avanzate dai guerrafondai e di implorare i guerrafondai affinchè pongano fine alla guerra, un giorno in un futuro non ben precisato e lontano.

Non c'è da soprendersi che poi la gente non trovi alcuna ragione plausibile per protestare!

Nel 1970, la rivelazione del massacro di My Lai fu un punto di svolta nel sentimento contro la guerra e l'organizzazione movimentista negli Stati Uniti, ma solo perchè un movimento indipendente contro la guerra era stato, quantunque imperfette le sue politiche, già costruito. In verità, la definitiva disintegrazione dei movimenti sociali degli anni 60 & 70 fu in parte dovuta al fallimento di costruire non solo un movimento indipendente, ma sopratutto un partito politico indipendente che fosse capace di portare avanti le battaglie dei movimenti nell'arena politica.

Fu questo fallimento che permise al Partito Democratico di cooptare, smobilitare e riportare indietro nelle spire della politica mainstream milioni di Americani che eranno stati radicalizzati dai movimenti per i diritti civili, contro la guerra, a favore delle donne e dei diritti gay. E' una lezione che oggi è importante tenere bene a mente.

Un altra lezione, di non minor valore, la si trova nel fatto che i primi movimenti a favore dell'abolizione della segregazione razziale e per i diritti civili erano stati capaci di dar vita ad un nucleo di attivisti capaci di applicare le lezioni imparate nel corso di queste battaglie nella lotta contro la Guerra in Vietnam. I primi leader del movimento contro la guerra spesso provenivano dai ranghi di coloro che si erano dati da fare nel Sud del paese contro la segregazione legale e nel Nord contro la discriminazione razziale.

Un buon esempio di questo viene da una dichiarazione del Giugno del 1965 da parte del Macomb, la sezione dello stato del Mississippi dell'anti segregazionista Freedom Democratic Party – rilasciata solo due mesi dopo la prima importante manifestazione contro la guerra che si era svolta a Washington DC – la quale afferma "Nessuno ha il diritto di chiederci di rischiare le nostre vite e di uccidere altre persone di colore a Santo Domingo e in Vietnam, così che i bianchi Americani possano diventare più ricchi."

I paralleli storici sono senza dubbio problematici, ma potremmo testimoniare l'inizio di una nuova era nella storia Americana quando le battaglie portate avanti da un gruppo marginalizzato e oppresso della società, questa volta gli immigrati senza documenti, saranno capaci di educare una nuova generazione di leader nel movimento contro una guerra in una terra lontana. Per rendere questo possibile, ciò che per prima cosa dobbiamo fare è abbandonare la nozione che il secondo partito dell'imperialismo Americano è in qualche maniera un nostro alleato in questa battaglia.

Se avremo successo, non ci sarà massacro in Iraq che da parte nostra verrà lasciato senza risposta ancora una volta.

Michael George Smith è uno studente all'Università della California, Berkeley. Può essere contattato al seguente indirizzo di posta: michael.smith3@gmail.com.

Traduzione a cura di Melektro per www.radioforpeace.info


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