9 novembre 2004
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Amy Goodman: Adesso è con noi (…) Dahr Jamail, giornalista indipendente basato a Baghdad, uno dei pochi giornalisti indipendenti, non "embedded", attualmente in Iraq. Pubblica i suoi articoli su un blog chiamato dahrjamailiraq.com. Ci raggiunge al telefono dal centro di Baghdad. Benvenuto a Democracy Now!
Dahr Jamail: Grazie per avermi invitato
Amy Goodman: Puoi parlarci della situazione adesso, di quello che secondo la tua percezione sta accadendo a Falluja e della reazione al di fuori, a Baghdad?
Dahr Jamail: Beh, a Baghdad la reazione è stata di indignazione. Tutte le persone con cui ho parlato negli ultimi giorni della situazione a Falluja, sono solidali, dicono che è illegale, il fatto che Iyad Allawi abbia dato il suo via libera per noi non significa niente, perché comunque non è il nostro primo ministro. La gente parla con toni molto forti della situazione qui, perché la maggior parte delle persone ritengono che sia un diritto degli abitanti di Falluja resistere agli occupanti. E’ loro diritto difendere le loro case e la loro città. Hanno l’impressione che questo sia essenzialmente un genocidio. Sminuiscono queste cose come la legge marziale nella città così come nella maggior parte del paese per giustificare quello che certamente sarà un gran numero di vittime civili. Abbiamo già sentito che ieri sono stati uccisi almeno 15 civili. E’ stato bombardato un ambulatorio pubblico. I medici là stanno dicendo ancora una volta, proprio come dicevano nell’aprile scorso durante l’ultimo assedio, che viene impedita l’assistenza medica, che le ambulanze vengono nuovamente prese di mira. A Baghdad tutti ricevono le notizie, e sono assolutamente indignati per quello che sta accadendo.
Amy Goodman: Che si dice di uno dei principali partiti politici sunniti, l’Iraqi Islamic Party, che annuncia il suo ritiro dal governo iracheno a interim, e del Consiglio degli Ulema, che aveva avanzato il suo piano di pace che apparentemente gli Usa hanno respinto? Che cos’era?
Dahr Jamai: Era – le parti del piano che avevano presentato chiedevano essenzialmente che l’esercito Usa smettesse di pattugliare la città, lasciasse pattugliare la città solo agli iracheni. Tornare essenzialmente alla situazione che c’era prima che iniziassero i bombardamenti aerei sulla città, circa sei settimane fa, e che ci hanno portato alla situazione attuale. Lasciare che gli iracheni a Falluja controllassero la loro città. Se l’esercito americano avesse dovuto entrarci per qualche motivo, gli sarebbe dovuto essere consentito solo con il permesso del sindaco di Falluja. Quindi, era essenzialmente un tentativo di tornare allo status quo. E naturalmente tutte queste richieste sono state rifiutate dal cosiddetto governo iracheno a interim.
Amy Goodman: E la significatività l’annuncio del ritiro dal governo a interim da parte dell’Iraqi Islamic Party?
Dahr Jamail: E’ molto significativo. Già la reazione qui sul campo, a Baghdad, è stata molto forte. Un uomo che ho intervistato di recente ha detto, riguardo a Falluja, che ai musulmani deve essere consentito vivere e avere la loro indipendenza. Appoggia con molta forza il ritiro dell’Islamic Party dal governo a interim, come molte altre persone con le quali ho parlato di questo. Un altro – un avvocato che ho intervistato di recente – ha detto che ritiene che ciò che sta accadendo con la legge marziale e con questo attacco a Falluja sia un tentativo di cambiare quello che gli iracheni pensano di questa occupazione. Ha detto: "In Sha Allah, se Dio vuole, non ci riusciranno. Dobbiamo difendere la nostra religione e la resistenza è legale. In Sha Allah, la resistenza farà il suo lavoro e ci libererà degli invasori".
Amy Goodman: Nell’ultimo pezzo pubblicato sul tuo blog, tu parli della reazione a Baghdad, nello specifico di diverse persone con le quali hai parlato. Condividi alcune di queste conversazioni con noi.
Dahr Jamail: In realtà si è trattato di più di semplice aperta indignazione per quello che sta succedendo a Falluja. Questo è molto legato alla situazione della legge marziale. Un uomo con il quale ho parlato in particolare della situazione della legge marziale ha detto: "Sai, l’hanno chiamata legge marziale. Stanno solo dando un nome di propaganda a qualcosa che stanno facendo nel nostro paese dall’invasione. Hanno già ucciso 100.000 persone, e quindi adesso vogliono metterci sopra una qualche sorta di mandato legale: beh, non hanno bisogno di un mandato legale, lo hanno già fatto e stanno continuando a farlo".
E’ ancora un’altra politica Usa che viene messa fuori qui sul terreno che si sta solo ritorcendo contro, dove, invece di portare la presunta sicurezza e di cercare di reprimere la gente, sta provocando sempre più resistenza, sempre più sostegno aperto per la resistenza, e indignazione fra la maggior parte della gente qui. Davvero nessuno con cui ho parlato da quando sono tornato sostiene il primo ministro Allawi.
Nessuno con cui ho parlato, neanche si avvicina a sostenere ciò che sta succedendo a Falluja, e questo ancora una volta sta solo provocando maggiore resistenza contro l’occupazione.
Amy Goodman: Nel tuo pezzo parli delle bombe che esplodono anche a Baghdad, anche se tutti gli occhi sono puntati su Falluja.
Dahr Jamail: Sì. Ci sono state molte bombe che sono esplose qui. Siamo ancora ad almeno una media di una autobomba al giorno. Oltretutto, c’è stato – io sto in un hotel non troppo lontano dalla cosiddetta Green Zone, prende colpi di mortaio tutti i giorni. Finora - sono arrivato venerdì – ogni mattina mi sono svegliato al suono dei colpi di mortaio che esplodevano nella Green Zone, e la sera, per lo più con frequenza, là esplodono colpi di mortaio. Proprio giù in strada, sembra che ogni notte ci sia uno scontro a fuoco. Ci sono attacchi sporadici che sento in tutta la città durante il giorno, e di notte aumentano. E della maggior parte di questo non si parla. Perché, come hai detto, tutti gli occhi sono puntati su Falluja. Ma Baghdad rimane molto tesa. Qui è il caos. Di nuovo lunghe file per la benzina. A volte lunghe tre o quattro o cinque chilometri. Naturalmente, l’elettricità è sporadica. Non so se riesci a sentire il rumore di fondo dei generatori, ma, come ha detto l’altro giorno il mio traduttore, Baghdad sta vivendo sui generatori. La situazione qui rimane molto sinistra, oltre a essere adesso molto più tesa. Ci sono gli sviluppi della situazione a Falluja. Tutti ampiamente si aspettano che i combattimenti aumentino a Baghdad come in altre parti dell’Iraq, come abbiamo visto oggi a Ba’aquba e a Kirkuk.
Amy Goodman: E la gente che lascia Falluja, combattenti compresi, per andare in altre città?
Dahr Jamail: E’ vero. Si è parlato molto di questo – del fatto che, mentre proprio adesso si sta mettendo su forte resistenza a Falluja, ci sono ovviamente almeno alcune migliaia di combattenti là, molte persone qui credono che la maggior parte dei combattenti della resistenza nella città siano andati via molto tempo fa, quando si è iniziato a parlare dell’invasione. Quindi, sono dislocati attorno a Baghdad. Sono dislocati in altre città come Khaldiya, Ba’aquba, probabilmente anche in alcune città del sud come Kufa e Najaf. Stanno essenzialmente aspettando di vedere come questo si sviluppa e fondamentalmente lanceranno una specie di contrattacco contro gli occupanti a seconda di quello che sta avvenendo a Falluja. Non sono stupidi. Non cercheranno di scontrarsi corpo a corpo con l’esercito più potente del pianeta. Questa è una guerra di guerriglia. Non attaccheranno quando ci si aspetta che attacchino. Attaccheranno quando non ci se lo aspetta. E’ un altro dei motivi per cui la situazione qui a Baghdad è così tesa, essenzialmente perché la gente aspetta che qui le cose comincino davvero.
Amy Goodman: Dahr, come fai a proteggerti a Baghdad?
Dahr Jamail: Beh, faccio del mio meglio per adattarmi all’ambiente. Non ho la mentalità dei giubbotti antiproiettile e dell’andare in giro con le guardie di sicurezza. Fondamentalmente io faccio il contrario. Mi faccio crescere la barba e vado in giro solo con il mio interprete in una macchina molto malconcia, e cerco solo di tenere un basso profilo, e non parlo inglese quando sono per strada. Parlo inglese soltanto quando il mio interprete mi dice che va bene, il che generalmente è quando andiamo in casa o nell’ufficio di qualcuno per fare una intervista. Tenere un profilo davvero basso e non uscire quanto vorrei, ma sai, è quello che bisogna fare in queste circostanze, dove in questo momento la minaccia principale è quella dei sequestri.
Amy Goodman: Dahr Jamail, voglio ringraziarti per essere stato con noi. (…)
(traduzione di Ornella Sangiovanni)
testo originale: http://www.democracynow.org/article.pl?sid=04/11/09/1526237< /i>
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