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A Falluja muore anche la libertà di stampa


Sembrerebbe che la cosa più difficile per gli Usa nella battaglia di Falluja, nonostante le precauzioni prese, sia stata quella di non far trapelare nulla sulla strage di civili. In parte ci sono riusciti, sono pochissimi i giornalisti che hanno potuto riportare informazioni sulla condizione della popolazione (Fadhil Badrani per la BBC, e involontariamente l'operatore nella NBC). Nessuno dei media si preoccupa di chiedere il numero dei morti civili, o di fare semplicemente due conti su chi siano realmente i 1600 morti ammessi dal Pentagono. Questo risultato è stato raggiunto accettando solo i giornalisti al seguito delle truppe Usa (i famosi embedded), nonostante da Falluja fosse giunto nei giorni precedenti un appello della comunità locale ai media, di venire a testimoniare...

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A Falluja muore anche la libertà di stampa

Osservatorio Iraq

19 novembre 2004 - Sembrerebbe che la cosa più difficile per gli Usa nella battaglia di Falluja, nonostante le precauzioni prese, sia stata quella di non far trapelare nulla sulla strage di civili.

In parte ci sono riusciti, sono pochissimi i giornalisti che hanno potuto riportare informazioni sulla condizione della popolazione (Fadhil Badrani per la BBC, e involontariamente l'operatore nella NBC). Nessuno dei media si preoccupa di chiedere il numero dei morti civili, o di fare semplicemente due conti su chi siano realmente i 1600 morti ammessi dal Pentagono.

Questo risultato è stato raggiunto accettando solo i giornalisti al seguito delle truppe Usa (i famosi embedded), nonostante da Falluja fosse giunto nei giorni precedenti un appello della comunità locale ai media, di venire a testimoniare.

Resta però, nella strategia statunitense, il problema dei media arabi, mai troppo teneri con le truppe di occupazione.

Non ha caso una delle prime mosse dopo l'occupazione è stata quella di formulare delle "linee guida" per i media, giornali, televisioni e radio.

Sulla base dell'accusa di "incitare alla violenza" numerosi giornali sono stati chiusi, ed ai loro corrispondenti è stata vietata la ripresa della loro attività.

Ma incitare alla violenza può voler dire tutto : persino riprendere una manifestazione diventa reato. E' successo il 15 aprile di quest'anno, quando i militari statunitensi hanno vietato le riprese di una manifestazione di circa 300 persone che chiedevano il ristabilimento dei servizi essenziali, come l'elettricità e l'acqua. La spiegazione fornita dal colonnello dei marines Zarcone è stata che la manifestazione aveva luogo solo per la presenza dei giornalisti, quindi la loro presenza e il loro riportare i fatti sarebbe stato considerato come un incitamento al disordine.

Questo episodio non è certo l'unico, anche se dà la misura degli ostacoli che sono stati di volta in volta posti. Ma nel caso citato si trattava di giornalisti occidentali, quindi da trattare con maggiore cautela. Nonostante questo, sono 20 i giornalisti stranieri espulsi nel 2003 per avere pubblicato notizie sgradite alle forze di occupazione. Quaranta sono quelli fermati e interrogati nel corso della loro attività, 6 quelli incarcerati.

Va meno bene però ai giornalisti ( e ai giornali, e alle televisioni e radio ) iracheni. In questi casi, la chiusura delle redazioni è immediata e senza appello.

I casi più noti riguardano le due televisioni satellitari Al Arabya e Al Jazeera, ma ad essere stai chiusi sono stati soprattutto i piccoli quotidiani locali, nell'indifferenza generale.

La motivazione è sempre la stessa: criticare l'operato delle truppe Usa e Gb, quello del governo iracheno, riportare notizie di manifestazioni e di opposizione.

L'avvento del governo provvisorio di Allawi non ha certo migliorato la situazione: anzi, in alcuni casi è peggiorata, per le continue minacce da parte della polizia irachena ai singoli giornalisti.

Nel mirino però è rimasta soprattutto Al Jazeera, i cui uffici di Bagdad sono stai chiusi una prima volta in primavera, poi definitivamente reiterando l'ordinanza.

Nonostante tutto, la televisione ha continuato a trasmettere, anche se priva di una sua sede locale.

Di fronte a cotanta "spudoratezza", gli Usa hanno deciso di cambiare strategia, e per farlo si sono affidati a giornali amici.

Oggi il giornale arabo Al Sharq Al Awsat, pubblicato a Londra, ha riportato le informazioni di una fonte irachena che sostiene che "il principale aiutante di Abu Al Zarqawi è l' iracheno Omar Hadid di Fallujah". Chi è costui, sconosciuto quanto lo era lo stesso Zarqawi prima che gli Usa ne facessero il loro principale nemico? Quest'uomo, di cui non si conosce molto, ha una particolarità: " è fratello dell'ultimo direttore dell'ufficio della televisione satellitare araba Al Jazeera a Baghdad prima che venisse chiusa tre mesi fa".

Con questa notizia, gli Usa contano di non essere più accusati di chiudere le voci di dissenso: si prova definitivamente (per loro) che il dissenso è in realtà sostegno al terrorismo, e dunque legittimo farlo tacere.

Ma cosa diranno del giornalista della Tv Al Arabya, Abdel Kader Al-Saad, arrestato l'11 novembre a Falluja?
Nessun problema: l'Iraq è grande, le famiglie numerose. Ci sarà anche per lui un fratello da dichiarare nemico.


:: Articolo n. 7387 postato il 19-nov-2004 17:58 ECT

www.uruknet.info?p=7387

Link: www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=290



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