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Contratti per il petrolio


...In previsione di questa divisione della torta, i gruppi di idrocarburi si piazzano (...) Ma per le società dei paesi che avevano esternato la loro opposizione all’esercito americano in Iraq come la Francia, la Russia o la Cina, le possibilità di vedere questi contratti concretizzarsi appaiono sottili. Infatti, le società i cui governi partecipano alla coalizione, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dovrebbero avere la priorità...

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Contratti per il petrolio

Osservatorio Iraq




28 novembre 2004 - L'Iraq ha assegnato i primi contratti petroliferi di grande portata dalla caduta di Saddam Hussein. Una decina di società di idrocarburi e petrolifere straniere, principalmente di dimensione media, i cui nomi non sono stati rivelati, sono state incaricate dello studio del potenziale dei due principali giacimenti, Rumailla, nel sud, e Kirkuk al nord. A causa della tenuta delle elezioni generali, previste il 30 gennaio, il Ministero dei Petroli avrebbe scelto PMI "juniors" beneficiando di contratti limitati che rappresentano tra 3 e 5 milioni di dollari ciascuno.

Sembra avere l’aria indifferente, bonaria, distesa. Ma i suoi occhi mobili ed incisivi denunciano la sua determinazione. Aumentare la produzione e le esportazioni di grezzo per finanziare la ricostruzione del paese: il ministro iracheno dei petroli, Thamer Abbas Ghadbane, tecnocrate del serraglio, intende attuare con successo questa scommessa nonostante la moltiplicazione degli atti di sabotaggio. A seguito degli attacchi che colpiscono in particolare gli impianti del nord, le esportazioni sono fissate oggi al limite massimo di 1,8 milione di barili che transitano unicamente attraverso il terminale petrolifero congestionato di Mina Al-Baqr, vicino a Bassora. Nella sua grande fortezza di Al-Moustarissiya, uno dei posti più protetti di Bagdad, il ministro si è accinto, nel più grande segreto, all’elaborazione di un piano di sviluppo di giacimenti iracheni, le cui riserve sono considerate come le più importanti dopo quelle dell’Arabia Saudita. La creazione di un dipartimento di gestione dei serbatoi segna la prima tappa di questo processo di rimessa a nuovo a livello di istallazioni rovinate a causa della mancanza di investimenti. La seconda fase consiste nel fare appello alle società petrolifere straniere, piccole e medie, per intraprendere lavori di audizione preliminari. Infatti, per ragioni giuridiche, i grandi contratti non potranno essere firmati che quando un governo eletto sarà in carica. Questo"apriti sesamo" permetterà tuttavia agli eletti di beneficiare dei dati geologici e sismici dei giacimenti di cui le "majors" potrebbero approfittare successivamente via partenariati. Intanto in attesa dell’esito di uno scrutinio, le grandi società petrolifere internazionali avanzano delicatamente i loro pionieri in Iraq. Il ministero ha firmato una ventina di "memorandum di cooperazione" con ad esempio ChevronTexaco, ExxonMobil, BP, Shell o la russa Lukoil. Si tratta di istruire gli ingegneri iracheni alle norme internazionali. In cooperazione con l'Istituto Francese dei petroli, Total ha messo a punto un programma simile. Questi seminari gratuiti, che hanno luogo fuori dall’Iraq. permetteranno alle multinazionali straniere di tessere legami utili con la nomenklatura tecnica della vecchia Mesopotamia. Infine, il ministero preparai bandi di gara che saranno lanciati dopo le elezioni per attirare gli investitori stranieri, probabilmente sotto forma di accordi di divisione di produzione. "Nel 1997-1998, il regime aveva firmato una serie di contratti mentre il prezzo del petrolio era basso, attorno a 10 dollari. Oggi il barile vale cinque volte tanto. Questa congiuntura al rialzo è tuttavia meno vantaggiosa per le grandi compagnie", spiega Ruba Husari, dell'Energy Intelligence Group. In previsione di questa divisione della torta, i gruppi di idrocarburi si piazzano. Così, grazie alla recente assunzione di partecipazione minoritaria dell'americana ConocoPhillips al suo capitale, il numero due russo, Lukoil, spera di vedersi affidare lo sviluppo di West Qurma. L'impresa russa aveva firmato con l'ex dittatore un contratto di 6 miliardi di dollari d'investimenti in questo campo vergine, che era stato annullato nel 2002. Gruppi come Total, ENI, Repsol o CNPC avevano siglato ma non avevano portato a termine degli accordi di esplorazione/produzione con l'équipe di Saddam Hussein. Ma per le società dei paesi che avevano esternato la loro opposizione all’esercito americano in Iraq come la Francia, la Russia o la Cina, le possibilità di vedere questi contratti concretizzarsi appaiono sottili. Infatti, le società i cui governi partecipano alla coalizione, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dovrebbero avere la priorità. Al tempo di Saddam Hussein, Total aveva messo l’occhio sull’altro campo incolto di Majnoon. Già penalizzata dalla sua nazionalità, Total rischia di soffrire per la messa in esame per "complicità in abuso di beni sociali" di Alain Lechevalier, suo vicepresidente per il Medio-Oriente e responsabile del dossier iracheno.


Le Monde, 28 novembre 2004

(traduzione di Paola Mirenda)







petrolio30nov.jpeg

:: Articolo n. 7708 postato il 30-nov-2004 23:19 ECT

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