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Morti non conteggiate


Quanti iracheni sono stati uccisi durante l’invasione e l’occupazione del loro paese? Gli Stati Uniti non ne sono a conoscenza per una ragione molto semplice: non tengono il conto. L’ "agnosticismo" sulle vittime, ovviamente, ha una chiara motivazione politica, e cioè il timore degli USA che i rapporti indicanti un elevato numero di vittime diano il colpo di grazia al fragile sostegno interno alla guerra all’Iraq...

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Morti non conteggiate

Nonna Gorilovskaya, Nuovi Mondi Media

Quanti iracheni sono stati uccisi durante l’invasione e l’occupazione del loro paese? Gli Stati Uniti non ne sono a conoscenza per una ragione molto semplice: non tengono il conto. L’ "agnosticismo" sulle vittime, ovviamente, ha una chiara motivazione politica, e cioè il timore degli USA che i rapporti indicanti un elevato numero di vittime diano il colpo di grazia al fragile sostegno interno alla guerra all’Iraq.

Ad oltre un anno dall’inizio della guerra in Iraq, gli USA non hanno ancora direttamente risposto a questa semplice domanda: quanti iracheni sono stati uccisi durante l’invasione e l’occupazione del loro paese? Gli Stati Uniti non non ne sono a conoscenza per una ragione molto semplice: non tengono il conto.
"Non abbiamo una lista, non rientra nella nostra politica", ha spiegato agli inizi di questo mese la portavoce del Pentagono, il tenente comandante Jane Campbell, al New York Times. Ma se il Pentagono non tiene i conti, molte organizzazioni, con molte meno risorse del governo USA, lo fanno.
Iraqi Body Count Project, che segue i resoconti della stampa, stima il numero dei civili uccisi tra 8.790 e 10.639. Lo scorso mese un rapporto dell’influente PDA, Project on Defense Alternatives, (Progetto sulle alternative di difesa, NdT) ha affermato che durante gli scontri sono morti tra 7.800 e 10.700 combattenti iracheni e tra 3.200 e 4.300 civili. Queste stime sono state calcolate utilizzando le indagini condotte dai giornalisti negli ospedali iracheni, i certificati di morte, le interviste con i comandanti militari iracheni nonché i dati statunitensi relativi alle proprie operazioni militari. Il PDA sostiene che il Dipartimento di Difesa ha cercato di ingannare l’opinione pubblica sul costo umano delle guerre in Afghanistan e Iraq. Secondo il PDA, i militari hanno esagerato nell’affermare che la loro "guerra di precisione" avrebbe minimizzato le vittime civili, sebbene avessero precedentemente sostenuto che non sarebbe stato possibile avere una stima accurata delle vittime. I militari hanno aggiunto a questo "agnosticismo delle vittime", pubblicizzato durante la guerra, l’"irrilevanza delle vittime", sostenendo che il conto dei morti non fosse un indicatore preciso per giudicare il successo o il fallimento della guerra.
Quando, nel giugno 2003, la BBC chiese al Tenente Generale Rick Sanchez, comandante della coalizione militare, notizie sul numero dei morti, egli rispose:
"No, non sappiamo il numero esatto delle vittime. Tuttora, durante i combattimenti succede, normalmente che i morti vengano rimossi in fretta, secondo le credenze culturali, così da non poterne stabilire il numero. Pertanto non cerchiamo di stabilire il numero degli iracheni uccisi durante il conflitto. Lo si potrebbe quantificare in seguito in collaborazione con il governo iracheno, quando si sarà insediato".

Gli ufficiali statunitensi chiamano i civili uccisi e i feriti di guerra spiacevoli "effetti collaterali". I gruppi di difesa dei diritti umani hanno criticato soprattutto l’uso militare di cluster-bomb. Molti di questi ordigni rimangono inesplosi e continuano a uccidere e ferire i civili anche in seguito, come riporta il Village Voice:
"Queste bombe sembrano dei giocattoli agli occhi dei bambini. Sgargianti pezzi di metallo da lanciare, assomigliano a una grande "torcia" o a una piccola granata a uso manuale. Attaccati all’estremità vi sono lunghi nastri bianchi, che, come festoni, il bambino può legare al manubrio della bici. Human Rights Watch (HRW) stima che le forze di coalizione abbiano disseminato 2 milioni di queste bombe sul territorio iracheno, che hanno ucciso o ferito forse migliaia di civili. Le cluster-bomb, riferisce l’associazione, hanno causato più danni ai civili di ogni altra arma usata durante la guerra".
La prassi dell’agnosticismo delle vittime è continuata anche dopo la fine delle ostilità, quando i civili iracheni hanno continuato a essere uccisi da questi ordigni inesplosi e dai militari ai checkpoint statunitensi. Non ci sono stime sulle vittime irachene, sicuramente centinaia, uccise dalle cluster-bomb. Il Washington Post afferma:
"Storicamente, il Pentagono non prova nemmeno a tenere il conto delle vittime civili e delle perdite dovute alle loro azioni militari. Gli ufficiali militari si appellano a varie motivazioni a sostegno di questa scelta, citando principalmente il tempo e le risorse necessarie e la difficoltà nel distinguere i morti causati dalle forze USA da quelli causati dal nemico".

L’agnosticismo sulle vittime, ovviamente, ha una chiara motivazione politica, e cioè il timore degli USA che i rapporti indicanti un elevato numero di vittime diano il colpo di grazia al fragile sostegno interno alla guerra all’Iraq e all’occupazione e alimentino ulteriormente la schiacciante opposizione alle azioni militari. Come sostiene John Pike, fondatore di GlobalSecurity.org l’istituto di ricerca con sede in Virginia, è la lezione che il Pentagono ha imparato dal Vietnam: "…i militari in Vietnam contavano i morti e da allora sono diventati allergici a questo".

Gli USA sostengono, inoltre, che non c’è nessun obbligo legale a risarcire le famiglie di coloro che sono stati uccisi o feriti per errore dai soldati americani.
Il Capitano statunitense Johathan Tracy, l’avvocato incaricato di gestire le richieste di risarcimento degli iracheni, crede che il Governo sia stato corretto nel non risarcire tutti:
"Non c’è alcun motivo che legalmente ci obbliga a risarcirli… è un atto gratuito, una politica basata sulle relazioni umane".
In effetti, il "pagamento a simpatia" fatto dal Governo degli Stati Uniti è stato compassionevole, come sostiene il Christian Science Monitor :
"Finora i militari hanno pagato 2,2 milioni di dollari ai civili iracheni rispetto al diluvio di richieste di risarcimento per ferite o uccisioni dovute a errori o negligenze delle forze USA. In totale, i militari hanno ricevuto 15.000 richieste, 5.600 delle quali sono state accettate.
Nel distribuire questi pagamenti, i militari sostengono che non ammettevano colpe e responsabilità e in realtà nessun soldato è stato accusato di uccisioni illegali di civili iracheni. In alcuni casi, le vittime devono rinunciare ai propri diritti di intraprendere ulteriori azioni legali per ricevere denaro".

Gli Stati Uniti non hanno ovviamente facilitato l’iter processuale: i richiedenti sono costretti ad aspettare per ore in fila per presentare il loro caso (che può anche non essere preso in considerazione) e obbligati a fornire l’onere della prova. Devono infatti fornire certificati di morte e dichiarazioni di testimonianze oculari. Se non fosse per il lavoro di CIVIC (Campagna a favore delle vittime innocenti) e di altre organizzazioni umanitarie, alcuni tra i richiedenti non sarebbero stati in grado di presentare la richiesta di risarcimento. La fondatrice di CIVIC Marla Ruzicka sostiene:
"Noi andiamo casa per casa, controlliamo i dati degli ospedali e i certificati di morte per verificare. Il nostro lavoro è molto accurato. Ci rendiamo conto se stiamo aiutando la gente o se siamo di fronte a false richieste che potrebbero rendere vano tutto il nostro lavoro".
Ruzicka ha alcuni alleati in seno al Congresso USA. Il Senatore del Vermont Patrick Leahy è l’autore di un provvedimento, approvato lo scorso anno, che sancisce che una parte degli aiuti alla ricostruzioni venga destinata al risarcimento degli innocenti feriti durante i combattimenti.

Il Weekly Standard fa notare che i timori delle associazioni umanitarie riguardo al numero di vittime civili si sono rivelate errate. Sostengono che sarebbero stati uccisi molti più civili iracheni sotto il regime di Saddam Hussein rispetto ai morti durante e dopo la guerra.
"Il numero di iracheni salvati dall’uso della forza contro il regime di Saddam può essere calcolato in molti modi. Almeno parecchie migliaia di iracheni sono state salvate da esecuzioni politiche. Questo include i prigionieri politici (compresi i bambini) che sono usciti in massa dalle prigioni di Saddam durante la liberazione, attivisti sciiti, altri dissidenti e i militari accusati di tradimento. La caduta di Saddam ha inoltre salvato alcune migliaia di persone dal terribile rischio di un’ escalation di violenza contro gli Sciiti. Se gli Sciiti o i Kurdi fossero stati l’obiettivo una strage, come sembrava altamente probabile, ci sarebbero stati 15.000 o 20.000 morti all’anno. In sostanza, la minaccia già esistente dell’Occidente di usare la forza all’interno dell’Iraq per proteggere il Kurdistan – minaccia la cui credibilità avrebbe potuto crollare se la Coalizione si fosse sgretolata lo scorso anno – ha salvato, da morte certa, decine di migliaia di persone
Ovviamente salvare le vite umane non era il principale scopo dell’invasione statunitense in Iraq. Il vero motivo erano le armi di distruzioni di massa che ancora devono essere trovate, quelle che il Presidente George Bush ha detto essere "da qualche parte", parlando ai giornalisti alla cena di gala della scorsa settimana mentre alcune diapositive lo mostravano che cercava sotto una sedia e in altri posti nascosti della sala ovale (per un buon resoconto di questo momento di basso livello, si veda la testimonianza oculare di David Corn).
I lati postivi e quelli negativi della guerra sono una questione che esula dal fatto di tenere traccia di coloro che sono morti durante la stessa. L’Amministrazione Bush, sfortunatamente e in modo deliberato, ha creato l’impressione che agli Stati Uniti non interessi il numero dei civili iracheni uccisi e feriti finora, o il fatto che le loro famiglie debbano affrontare conseguenze emotive e finanziarie a causa della perdita.
Aggiornare il numero dei morti civili è la cosa giusta da fare sia moralmente che politicamente così come sono giusti i risarcimenti monetari. Se gli Stati Uniti vogliono insegnare la contabilità agli iracheni, dovrebbero dar loro l’esempio.

Traduzione di Valentina Barbieri per Nuovi Mondi Media
Fonte: http://www.motherjones.com
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