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Cia-gate, Libby accusa Bush e Cheney


Chiamata di correo per George Bush e Dick Cheney nella faccenda della «soffiata» che svelò l'appartenenza alla Cia di Valerie Plame per punire il marito Joseph Wilson, colpevole di avere smascherato una delle tante balle che Bush a quel tempo stava raccontando per scatenare la sua guerra in Iraq. E siccome a volte il caso ama agire con ironia, ecco che questa diretta chiamata in causa di Bush è arrivata, ieri, proprio mentre lui era a Charlotte, in North Carolina, intento a illustrare la «delusione» provata quando, a invasione avvenuta, si scoprì che in Iraq non c'erano le armi di distruzione di cui i servizi segreti gli avevano parlato...

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Cia-gate, Libby accusa Bush e Cheney

FRANCO PANTARELLI, il manifesto

L'ex consigliere rivela: «Furono il presidente e il suo vice a ordinarmi di rendere nota l'identità dell'agente segreto Valerie Plame». Sull'Iraq la Casa bianca tira dritto: non c'erano le armi ma la guerra andava fatta comunque

NEW YORK, 7 aprile

Chiamata di correo per George Bush e Dick Cheney nella faccenda della «soffiata» che svelò l'appartenenza alla Cia di Valerie Plame per punire il marito Joseph Wilson, colpevole di avere smascherato una delle tante balle che Bush a quel tempo stava raccontando per scatenare la sua guerra in Iraq. E siccome a volte il caso ama agire con ironia, ecco che questa diretta chiamata in causa di Bush è arrivata, ieri, proprio mentre lui era a Charlotte, in North Carolina, intento a illustrare la «delusione» provata quando, a invasione avvenuta, si scoprì che in Iraq non c'erano le armi di distruzione di cui i servizi segreti gli avevano parlato. Poi naturalmente Bush ha ripetuto ciò che ormai pochi americani continuano a credere, e cioè che questa guerra doveva comunque essere fatta, ma quello che conta è che proprio mentre lui stava ripetendo per l'ennesima volta quella bugia (che furono i servizi segreti a ingannarlo, non lui a pretendere che gli dicessero ciò che voleva sentirsi dire), dal dossier dell'indagine sulla «soffiata» riguardante Valerie Plame stava uscendo che Lewis Libby, l'ex braccio destro del suo vice Dick Cheney, ha raccontato al procuratore speciale che sono stati loro, il suo capo e il capo del suo capo, a indurlo a fare quella soffiata.
Naturalmente la cosa non è così specifica. Ciò che si legge nel dossier del procuratore speciale Patrick Fitzgerald è che la conversazione di Libby con la giornalista del New York Times Judith Miller (cioè la conversazione in cui lui le disse che la Plame apparteneva alla Cia), «avvenne solo dopo che il vice presidente aveva informato l'imputato (cioè a Libby) che il presidente aveva specificamente autorizzato l'imputato (sempre Libby) a rilasciare certe informazioni segrete». Quali fossero quelle «certe informazioni» non viene menzionato, ma nel capoverso successivo il dossier dice che «l'imputato sostiene che le circostanze della sua conversazione con la giornalista Judith Miller, dopo l'approvazione da parte del presidente attraverso il vice presidente a rivelare materiale segreto, nel suo ricordo sono uniche». Insomma, non siamo proprio alla smoking gun, la «prova provata», ma ci siamo vicini.
Per ricostruire le vicende di quei giorni va ricordato che la Casa bianca stava facendo di tutto per dimostrare che l'Iraq andava invaso e andava invaso subito perché costituiva un «pericolo imminente» per la sicurezza degli Stati Uniti e che quel pericolo consisteva nelle armi di distruzione di massa che il regime di Saddam Hussein aveva accumulato, nei rapporti che aveva stabilito con Al Qaeda e nel fatto che si stava procurando l'uranio per spedire una bomba atomica sul suolo americano (cosa che poteva avvenire, aggiunse di suo il fido Tony Blair, «in 45 minuti»). Il risultato dell'indagine che Joseph Wilson compì per conto della Cia smentiva quest'ultimo aspetto dimostrando che l'uranio del Niger non esisteva. Ciò aveva reso Bush e Cheney furiosi nei suoi confronti e la loro rabbia si manifestò con la rivelazione che sua moglie, Valerie Plame, era un'agente della Cia, una cosa che ai loro occhi aveva vari vantaggi: «punire» Wilson; fare presente a tutti quelli che si fossero azzardati a emularlo che sarebbero stati puniti anche loro; sminuire l'indagine di Wilson insinuando che l'incarico di svolgerla gli era stato affidato grazie ai «buoni uffici» della moglie, quindi un'operazione di brutale nepotismo.
Il problema è che la rivelazione dell'identità di un agente segreto è un reato e che l'indagine del procuratore consiste proprio nell'accertare chi quel reato ha commesso e chi sono stati i suoi mandanti. La notizia di ieri, in sostanza, è che quei mandanti cominciano ad avere la sagoma - se non proprio la faccia, ancora - di George Bush e Dick Cheney.


:: Article nr. s5675 sent on 08-apr-2006 16:50 ECT

www.uruknet.info?p=s5675

Link: www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/07-Aprile-2006/art98.html



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